Сronologia 4

testo tradotto in italiano da Claudio dell'Orda

This Italian translation of the fragments of the 4-st volume by Anatoly Fomenko was done by Claudio dell'Orda from the English edition: 
A. T. Fomenko, T. N. Fomenko, V. V. Kalashnikov, G. V. Nosovskiy
History: " Fiction or Science?"
THE CHRONOLOGY OF RUSSIAN HISTORY.
NEW CHRONOLOGY AND CONCEPTION OF BRITISH HISTORY. ENGLAND AND RUSSIA (OR THE HORDE).
THE CHRONOLOGY AND GENERAL CONCEPTION OF ROMAN AND BYZANTINE HISTORY

Capitolo 3: La nostra ipotesi

6. La conquista della Siberia.

 

L'opinione consensuale è che la Siberia sia stata prima conquistata dai Russi nel XVI secolo, come risultato della campagna di Yermak. Si presume che prima di quell’epoca non sia stata mai abitata da altri gruppi etnici. Si dice che l'influenza di Mosca abbia raggiunto gli Urali e la Siberia intorno alla stessa epoca. Tuttavia, questo risulta essere falso. Il governatorato di Mosca veniva riconosciuto in Siberia molto prima della campagna di Yermak: di seguito potrete vedere le prove che lo confermano. La campagna di Yermak fu in realtà il risultato di una rivoluzione di palazzo e del rifiuto di rendere omaggio a Mosca da parte del nuovo khan. Pertanto, è probabile che questa campagna sia stata una spedizione punitiva volta a ristabilire l'ordine in quella parte dell'Impero. Vi facciamo notare che gli abitanti della Siberia si chiamavano Ostiachi; il nome è ancora usato per distinguere la popolazione russa della Siberia.

Infatti: “Nel XII secolo l’Asia Orientale e Centrale era popolata da tribù indipendenti, che si chiamavano “Orde cosacche”. La più importante di queste Orde risiedeva vicino alle sorgenti dello Yenissey, tra il Lago Baikal a est e l'Angara a ovest. Le cronache cinesi chiamano quest'orda “Khakassy”. I ricercatori europei ritengono che il termine sia un sinonimo della parola “cosacco”. Secondo i documenti lasciati dai loro contemporanei, i Khakassy appartenevano alla razza indo-iraniana (caucasica) ed erano biondi, alti, con gli occhi verdi o azzurri, coraggiosi e orgogliosi. Portavano orecchini” (Richter, storico tedesco del 1763-1825, Joachim ed Essays about Mongolia; vedere [183], volume 1, pagina 16).

Si scopre che i russi avevano abitato il Regno della Siberia prima della sua conquista da parte di Yermak. “Il regno siberiano era governato dai discendenti dei khan mongoli... i russi avevano raggiunto il fiume Ob già nel XV secolo e si erano fatti rendere omaggio dalla popolazione locale. I principi moscoviti erano riconosciuti come sovrani. Nel 1553 Yedigey, re della Siberia, inviò due funzionari a Mosca con regali e la promessa di rendere omaggio allo zar... tuttavia, nel 1553 Kouchoum lo aveva... ucciso e si era autoproclamato monarca della Siberia e di tutte le terre adiacenti ai fiumi Irtys e Tobol, così come i domini dei Tartari e degli Ostiachi. Inizialmente, Kouchoum rese omaggio allo zar moscovita... ma quando le sue terre raggiunsero Perm, iniziò a dimostrare ostilità verso Mosca e a razziare le terre intorno a Perm” ([183], Volume 2, pagina 59).

Gli Stroganov avevano fatto un appello per inviare la spedizione punitiva di Yermak ad affrontare i ribelli ([183], Volume 2, pagina 53). C'è da dire che la spedizione fu un fallimento, per cui Yermak non si merita di essere riconosciuto come “il primo conquistatore della Siberia”, che era già russa molto prima della sua epoca.

 

 

7. Osservazione di carattere generale sulla parola “cosacco”.

Aggiungiamo quanto segue riguardo alle origini della parola cosacco (la radice della parola è “guz” o “kaz”). O. Suleimanov, nel suo libro intitolato Az and Ya ([823]), dice che la parola cosacco (Coss-ack) si traduce dal turco con “oca bianca” o “cigno bianco”.

Possiamo aggiungere che una volta il nome potrebbe essere stato usato per riferirsi a persone che allevavano oche bianche (oca = guz?). Tenete presente che l'oca bianca è ancora oggi uno dei simboli popolari preferiti e molto utilizzati da molti popoli germanici: la si può trovare negli ornamenti, nelle vetrine e negli stemmi. Potrebbe indicare una relazione storica tra i cosacchi e i tedeschi? Si possono notare somiglianze nell'autodisciplina e nell'amore per l'ordine e l'abilità militare, caratteristica di entrambe le nazioni.

Inoltre, i cosacchi sono la cavalleria militare, in altre parole dei sono cavalieri. È possibile che la parola Cosacco sia legata alla parola russa “skakat” (o “skok”) che si traduce con “cavalcata” o “galoppo”. Ai giorni d’oggi, in Germania si possono trovare dei negozi chiamati “Ross und Reiter”; vendono accessori per l'equitazione e la toelettatura dei cavalli. La parola “Ross” è l'antica parola tedesca che stava per “cavallo”; quella usata comunemente oggi è “Pferd”.

Salta subito all’occhio l'associazione tra le parole “Ross” e “Russi”. I russi = persone a cavallo, cavalieri o cosacchi!

In questo contesto si potrebbero menzionare anche i prussiani e molti altri dettagli: somiglianze tra l'abito delle cosacche e l'abito popolare delle donne tedesche con i suoi ampi volant. Le camicette venivano realizzate su misura, aderenti e decorate, con un basco o qualche dettaglio che gli somigli. Dal punto di vista melodico, le canzoni cosacche spesso assomigliano alle canzoni popolari tedesche; alcune parti della Germania sono abitate da persone che assomigliano ai cosacchi: persone grandi con sopracciglia lunghe e pronunciate.

Tutto quanto esposto sopra può implicare una parentela storica che nasce dalle interazioni tra l'Orda e l'Europa occidentale nel Medioevo. Una ricerca su questa possibile parentela ci sarebbe di grande utilità.

 

8. I nomi russi e i nomi tartari nella vecchia Russia.

8.1 I soprannomi tartari.

I lettori potrebbero essere dell'opinione che i nomi usati nella Russia medievale erano gli stessi del giorno d'oggi. I nomi russi moderni sono per la maggior parte di origine greca o biblica: Ivan, Maria, Alexander, Tatiana ecc. Questi sono i cosiddetti nomi cristiani presenti nel canone ortodosso e dati al battesimo, proprio quelli che sono stati utilizzati nella vita quotidiana e nella documentazione ufficiale fin dal XVIII secolo. Tuttavia, non è sempre stato così.

Abbiamo scoperto che nel XVII secolo, le persone avevano degli alias oltre ai nomi cristiani sopra menzionati, che erano utilizzati sia nei documenti ufficiali che nella vita di tutti i giorni. Molti di questi nomi erano di origine tartara, o meglio, oggi suonano come tartari (nel senso moderno della parola). Eppure, nel Medioevo proprio questi nomi tartari venivano abitualmente dati al popolo russo. La famosa opera di Y. P. Karnovich intitolata Nomi e Titoli Patrimoniali in Russia ([367]) ci dice quanto segue: “A Mosca, i nomi cristiani venivano spesso sostituiti da altri nomi cristiani e da nomi tartari, come Boulat, Mourat, Akhmat, eccetera...; questi alias si trasformarono in semi patronimici, che in seguito divennero cognomi di persone le cui origini erano puramente russe” ([367], pagina 51).

Gordeev riporta quanto segue: “C'erano molte etnie tartare tra i cosacchi del Don. Molti degli Atamani vissuti all'epoca di Vasily III, erano conosciuti con nomi mongoli e tartari. Secondo lo storico S. Solovyov, tra la cavalleria c'era una percentuale particolarmente elevata di Atamani con nomi tartari... Con l'inizio del regno di Ivan Vasilyevich, i nomi degli Atamani famosi (della cavalleria e della fanteria) diventarono puramente slavi: Fyodorov, Zabolotskiy, Yanov, Cherkashin, Yermak Timofeyevich ecc.” ([183], Volume 2, pagine 5-6).

Naturalmente, è possibile che alcuni cosacchi fossero di etnia tartara. Eppure ci viene detto che anche presso le etnie russe c’erano nomi “tartari”. Se questo fosse stato il caso di Mosca, potrebbe essere vero anche per gli Atamani del Don? Abbiamo visto che i nomi tartari scomparvero da Mosca verso la fine del XVI secolo. Lo stesso sembra sia accaduto nella regione del Don; l'abitudine moderna di usare nomi cristiani come nomi di battesimo, deve risalire a quest'epoca.

Ad esempio, “Yermak” è sia un nome che uno pseudonimo; un tempo era stato considerato russo, vedi sopra, ma oggigiorno lo si potrebbe scambiare per un nome tartaro. Tuttavia, è probabile che sia un derivato del nome Herman (il nome cristiano di Yermak). Il nome potrebbe aver avuto diverse varianti: Herman, Yerman e Yermak ([183], Volume 2, pagina 62). Non esiste un confine chiaro tra i soprannomi tartari e quelli russi; questo è stato notato da N. A. Morozov, che scrive: “Gli estratti dell’opuscolo di Chechoulin sono piuttosto interessanti… Si basano su diversi documenti d’archivio. L’unico nome storico moderno che vediamo qui è Yaroslav… gli altri nomi storici sono limitati a Mamay e Yermak. Il resto degli antichi nomi russi è costituito da nomi di animali (Kobyla, Koshka, Kot, Lisitsa e Moukha, che si traducono rispettivamente con “cavalla”, “gatto selvatico”, “micio”, “volpe” e “mosca”), da nomi di fiumi, come Volga, Dunai (Danubio) e Pechora… come pure da numeri (Perviy, Vtoroi, Desyatiy, ovvero “primo”, “secondo” e “decimo”… gli unici nomi ecclesiastici che troviamo sono Dyak (“diacono”), Krestina (una variante del nome Cristina) e Papa (“papa”); inoltre, non si trova da nessuna parte nemmeno un nome greco!” ([547]).

Ci sentiamo in dovere di aggiungere che molti dei nomi e soprannomi sopra menzionati, suonano puramente tartari e sono usati almeno con la stessa frequenza dei nomi russi: ad esempio Murza, Saltanko, Tatarinko, Sutorma, Yepancha, Vandysh, Smoga, Sougonyai, Saltyr, Souleisha, Soumgour, Sounboul, Souryan, Tashlyk, Temir, Tenbyak, Toursoulok, Shaban, Koudiyar, Mourad, Nevruy (! – vedi sopra) ecc… Ribadiamo che Batu deve essere una forma della parola batya (padre); anche i capi dei cosacchi erano chiamati batka ecc… Mamay è molto probabilmente un derivato della parola mamin (“della madre”). Il nome veniva usato in particolare dai cosacchi di Zaporižžja. Nella fig. 3.19 vediamo un'immagine antica intitolata “Il cosacco Mamay che si riposa” ([169], inserito tra le pagine 240 e 241). Sfortunatamente, non siamo stati in grado di mettere le lettere minuscole sotto l'immagine. Un altro vecchio ritratto del cosacco Mamay può essere visto nella fig. 3.20, accompagnato dal seguente commento: “I canoni del cosacco ucraino Mamay e del Gautama Buddha dall'India. Al centro vediamo un indiano bramano, i cui orecchini e la cui acconciatura ricordano i cosacchi ucraini del XIII-XVIII secolo” ([975], pagina 737).


Figura 3.19.
Vecchia foto intitolata “Il cosacco Mamai mentre si riposa"
([169], inserto tra le pagine 240 e 241).
Vediamo che il nome Mamay era popolare tra
i cosacchi di Zaporiggia.
Tratto da [169], inserito tra le pagine 240 e 241.

Figura 3.20.
Le rispettive acconciature del cosacco ucraino Mamai (a sinistra)
e il Gautama Buddha (a destra).

Bisogna anche menzionare il libro di N. A. Baskakov intitolato Russian Names of Turkic Origin ([53]), in cui si dimostra che molti dei nomi e cognomi russi sono di origine turca. A proposito, Baskakov menziona che il cognome dello storico N. M. Karamzin “deriva in modo molto evidente dalla lingua tartara di Crimea, o forse dal turco, vale a dire “qara mīrzā”, qara è la parola che sta per “nero”, e “mīrzā” è il titolo di un nobile… Anche lo stemma di Karamzin tradisce l'origine orientale del nome: ciò è sottolineato dalla mezzaluna d'argento su sfondo blu, rivolta verso il basso e con due spade d'oro incrociate sotto. Questi attributi sono caratteristici dei popoli di origine orientale ([53], pagina 178). Lo stemma dei Karamzin può essere visto nella fig. 3.21. Si vede la mezzaluna ottomana accanto a una croce (o stella) cristiana formata da due spade.


Figura 3.21.
Lo stemma della famiglia Karamzin
(alla quale apparteneva N. M. Karamzin, il famoso storico).
Vediamo una mezzaluna con una croce, o una stella, in basso.
Tratto da [53], inserto tra le pagine 160 e 161.

Per cui, abbiamo che un nome “tartaro” non significava necessariamente che il suo proprietario fosse un tartaro. Inoltre, nel Medioevo, molti russi potrebbero aver avuto dei soprannomi tartari. Molti di questi soprannomi non hanno un significato sia in russo che nella moderna lingua tartara, (in altre parole, non possono essere tradotto adeguatamente). La questione dei nomi tartari e russi, i loro significati e le loro origini, è molto contorta e controversa; non stiamo affatto suggerendo di aver trovato qualcosa che somigli a una spiegazione esaustiva. C'è solo da sottolineare che i russi hanno spesso usato soprannomi che oggi suonano come tartari; è anche noto che in russo ci sono molte parole turche.

Gli storici moderni possono attribuire quanto sopra alla conquista mongola. La nostra ipotesi è diversa. L'influenza turca si spiega con il fatto che la popolazione dell’Impero Mongolo = “Grande” era composta sia da russi che da persone di origine turca, che si erano naturalmente mescolate, vivendo fianco a fianco per secoli. Testimoniamo che questo succede anche oggi; pertanto, le due lingue si sono, ovviamente, mescolate pesantemente l'una nell'altra. Ricordiamo però che i decreti ufficiali giunti fino ai nostri tempi, sono scritti esclusivamente in russo o in slavo.

8.2 Lo “strano” effetto della Conquista Mongola nella cultura della Russia.

In che modo l'invasione dei Tartari e dei Mongoli ha influenzato la lingua russa? È abbastanza chiaro che un'orda di barbari, che presumibilmente invase in massa il paese, distorse e deturpò la purezza della lingua russa, rendendo la popolazione nel complesso più ignorante, bruciando le città, le biblioteche, i monasteri, i libri antichi e così via, pensando solo a saccheggiare e razziare. Gli storici sono convinti che l'invasione dei Tartari abbia ritardato di diversi secoli lo sviluppo della cultura russa.

Vediamo se è davvero andata così. Uno dei migliori indicatori che si può usare per stimare il livello culturale in generale, è l’uso standard di un acroletto per la lingua scritta: il latino classico corretto, il latino corretto, il latino barbarico e così via. I tempi in cui il latino classico era comunemente usato per la scrittura, sono considerati l'età dell'oro della cultura, quando furono create le opere classiche immortali. L'uso del latino volgare o dei dialetti regionali, è ovviamente un segno che la cultura è in declino. Vediamo se questo criterio si applica all'antica Russia “ai tempi del giogo mongolo”, ossia tra il XIII e il XV secolo: trecento anni sono dopo tutto un periodo abbastanza lungo. Cosa vediamo?

Secondo N. M. Karamzin, “la nostra lingua è diventata molto più raffinata nel XIII-XV secolo” ([363], Volume 5, Capitolo 4, pagina 224). Prosegue dicendo che sotto i Tartari e i Mongoli “Gli scrittori seguivano i canoni grammaticali dei libri ecclesiastici o dell'antico serbo (al contrario del russo volgare) con la massima veemenza... non solo nella coniugazione e nella declinazione, ma anche nella pronuncia” ([363], Volume 5, Capitolo 4, pagina 224. Per cui, vediamo il latino corretto che nasce in Occidente, mentre lo slavo ecclesiastico nella sua forma classica, in Oriente. Se volessimo applicare alla Russia gli stessi standard che applichiamo all’Occidente, l’invasione mongola segnerebbe l’età dell’oro della cultura russa. Questi mongoli sono stati degli invasori piuttosto strani, non è vero?

 

 

8.3 I nomi russi e tartari illustrati dall'albero genealogico dei Verderevskiy.

Troviamo interessanti le testimonianze, riguardo ai nomi comunemente usate dai Tartari nell'Orda prima del loro battesimo, presenti “nell’Albero Genealogico della Famiglia Verderevskiy” compilato nel 1686, vedere “l’Archivio dell’Almanacco del Ministero della Giustizia di Mosca” pubblicato nel 1913 (pagine 57-58). Ci racconta come Oleg Ivanovich, il Gran Principe di Ryazan, avesse “convocato il tartaro Solokhmir della Grande Orda accompagnato da una forza di uomini armati”. Questo Solokhmir fu successivamente battezzato e sposò la figlia del Gran Principe, fondando la famosa famiglia boiarda russa dei Verderevskiy. Il suo nome di battesimo era Ivan. Anche i nomi cristiani dei suoi figli suonano familiari a un orecchio slavo: “Ivan Miroslavich [il nuovo nome del tartaro battezzato – Aut.] ebbe un figlio chiamato Grigoriy... Grigoriy Ivanovich Solokhmirov ebbe quattro figli: Grigoriy e Mikhailo, noto anche come Aboumailo, Ivan, alias Kanchey, e Konstantin, alias Divnoi”.

Tutto quanto esposto sopra è davvero affascinante. Un tartaro pagano che era appena arrivato dalla Grande Orda, che era conosciuto con un nome puramente russo (Solokhmir), allo stesso modo di suo padre tartaro Miroslav. Tuttavia, diventa ancora di più interessante: questo personaggio fu battezzato e gli fu dato un nome cristiano dal canone ecclesiastico, come pure alla sua discendenza. Ciò nonostante, come abbiamo già accennato, i nomi cristiani non venivano usati quotidianamente; pertanto, anche i bambini al battesimo ricevevano degli pseudonimi. Gli alias dei nomi boiardi alla corte del principe russo di Ryazan, erano: Aboumailo, Kanchey e Divnoi; i primi due suonano oggi “puramente tartari”, mentre il terzo è puramente slavo.

Come si potrebbe arrivare a una conclusione plausibile sulle “origini turche” del popolo che viene menzionato nelle cronache russe con nomi tipo Kanchey, Aboumailo ecc? Come ha fatto un Miroslav a finire nella Grande Orda? La nostra conclusione è la seguente. C'erano molti slavi nell'Orda, i cui nomi erano sia slavi che pagani. I loro “nomi tartari” non erano altro che alias per l’uso quotidiano. Diventa chiaro il motivo per cui la lingua slava ecclesiastica fu introdotta nell'epoca dell'Orda; quest'ultima era governata dai russi che vivevano in un impero multinazionale insieme ai Tartari e ad altre nazioni, come avviene oggi.

Un altro dettaglio interessante è il seguente. Alcune cronache usano la parola “poganye” per riferirsi ai Tartari, in altre parole, pagani. Non c’è nulla di sorprendente in questo fatto. È possibile che il termine fosse usato per riferirsi ai russi che non erano battezzati; dovevano essercene parecchi nei primi giorni dell'Orda. A proposito, alcune fonti svedesi riportano che all'epoca delle guerre tra Russia e Svezia (XVIII secolo), “i cosacchi russi erano di regola buoni tiratori, armati di fucili a canna lunga chiamati “turchi” ([987:1], pagina 22).

 

 

9. La vera identità del linguaggio mongolo.

9.1. Quanti testi mongoli esistono ancora?

Cos'è veramente la lingua mongola? Ci sentiamo dire che il gigantesco impero mongolo è molto difficile che abbia lasciato qualche fonte scritta in lingua “mongola”, nonostante sia esistito per secoli. Questo è ciò che O.M. Kovalevskiy, professore dell’Università di Kazan, scrisse alla fine del XUX secolo: “Gli artefatti mongoli di natura grafica sono più che scarsi, gli unici a noi noti sono l’iscrizione su una pietra che presumibilmente risale all’epoca di Gengis-Khan e le epistole dei re persiani Argoun e Ouldzeitu al re francese... successivamente interpretate dal signor Schmitt nell'opuscolo che pubblicò a San Pietroburgo nel 1824... Ci sono più manoscritti in Europa, scritti in lingua tartara, che lettere mongole; la traduzione del romanzo persiano di Bakhtiyar-Name, ad esempio. Tali scritti rimasero per lungo tempo non identificati, e quindi senza nome; alcuni specialisti in studi orientali hanno suggerito di usare i nomi Turchi Orientali e Uiguri… chiunque conosca gli Uiguri del Turkestan, li scambierà per turchi… ma, nei tempi passati, potrebbero essere stati una tribù mongola?” ([759], Volume 1, pagine 21-23). In definitiva, cosa abbiamo visto?

  1. Il ciclopico impero mongolo non ha lasciato alcun documento scritto, a parte un'iscrizione su pietra, due lettere e un romanzo. Non molto in ogni caso; inoltre, il romanzo è di fatto scritto in lingua tartara; l'unica cosa “mongola” è il tipo di scrittura utilizzato, e questo secondo quanto ci dicono gli storici.
  2. Questi pochi testi furono tradotti e decifrati da una sola persona, un certo Schmitt.
  3. Si è scoperto che i “discendenti dei conquistatori mongoli” che sono sopravvissuti fino ai nostri giorni, risultano essere turchi. Gli storici moderni sono gli unici a sapere per certo che questi turchi una volta erano i mongoli; gli stessi turchi sono di diverso avviso.

 

9.2. In che lingua erano scritti i famosi yarlyk dei khan? (gli yarlyk erano dei decreti, in particolare documenti che certificavano i diritti dei principi sui loro domini).

Chiunque conosca la storia russa si ricorderà che i khan mongoli avevano emesso moltissimi decreti conosciuti come yarlyk, e ogni cronaca suggerisce che ce ne debbano essere ancora in giro una moltitudine. Si tratta presumibilmente di documenti scritti e autentici del grande impero mongolo. Riportiamo tutto ciò che si sa al riguardo oggigiorno. Si presume che dai tempi del “Grande Giogo Mongolo” in Russia, siano sopravvissuti moltissimi documenti, tutti scritti in russo: patti firmati tra principi, testamenti, ecc… Si potrebbe pensare che dovrebbe essere proprio la stessa cosa per molti testi mongoli, poiché i decreti emanati in mongolo provenivano proprio dal governo dell'Impero e quindi erano preservato con un'attenzione particolare. Cosa abbiamo in realtà? Due o tre decreti al massimo; furono rinvenuti nel XIX secolo tra le carte private di alcuni storici e mai in nessun archivio di sorta.

Il famoso yarlyk di Tokhtamysh, per esempio, fu ritrovato nel 1834 “tra le carte che un tempo erano conservate nell’Archivio della Corona di Cracovia e furono successivamente scoperte in possesso dello storico polacco Naruszevic” ([759], Volume 1, pagine 4-5). Ci vuole uno storico per prendere in prestito documenti dall’archivio di Stato senza preoccuparsi di restituirli, non è vero? Il principe M. A. Obolenskiy ha scritto quanto segue riguardo a questo yarlyk: “Questo [il decreto di Tokhtamysh – Aut.] ci permette di risolvere la questione [sic! – Aut.] sulle lettere e sulla lingua usata negli yarlyk inviati dai khan ai principi russi… questo è il secondo decreto del genere finora conosciuto” (ibid, pagina 28). Si è anche scoperto che questo yarlyk è stato scritto in “strani caratteri mongoli, di cui ce ne sono tantissimi; sono completamente diversi dallo yarlyk di Timur-Kutluk risalente al 1397, che è già stato pubblicato dal signor Hammer” (ibid).

Riassumiamo. Sono rimasti solo due yarlyk “mongoli”, gli altri risalgono a epoche successive. Questi ultimi (emessi dai khan di Crimea) erano scritti in russo, tartaro, italiano, arabo ecc... Quanto ai due yarlyk “mongoli” (che devono risalire allo stesso periodo, visto che si presume che Tokhtamysh e Timur-Kutluk siano stati contemporanei), si può vedere che erano scritti in due scritture palesemente diverse. Questo è davvero molto strano: si ritiene altamente improbabile che le lettere dell’ipotetica lingua “mongola” possano essere cambiate così drasticamente in un solo decennio. Questo processo richiede solitamente dei secoli.

Entrambi gli yarlyk “mongoli” sono stati trovati in Occidente. Dove sono le loro controparti che dovrebbero essere negli archivi russi? Questa domanda fu posta dal principe Obolenskiy dopo la scoperta del suddetto yarlyk: “La fortunata scoperta del testo di Tokhtamysh mi aveva portato a dedicare ogni sforzo alla scoperta di altri yarlyk originali, emessi dai khan dell'Orda d'Oro, trionfando così su la frustrante ignoranza dei nostri storici e studiosi orientali riguardo alla presenza di tali originali nell'archivio principale del Ministero degli Esteri a Mosca. Purtroppo, l’unico risultato di queste ricerche fu una convinzione ancora più profonda che tutti gli altri originali, forse di natura ancora più interessante… dovevano essere spariti nel fuoco” (ibid).

Se volessimo ricapitolare quanto sopra, giungeremmo alle seguenti postulazioni:

  1. Non c’è una sola traccia di un solo yarlyk mongolo in nessuno degli archivi ufficiali russi.
  2. I due o tre yarlyk che abbiamo a nostra disposizione sono stati trovati in Occidente in circostanze ben visibili: nelle biblioteche private di storici e non negli archivi ufficiali, e per di più compilati in diversi tipi di scrittura. Questo ci porta a supporre che si tratti di falsificazioni, da qui le lettere diverse: gli imbroglioni non hanno sincronizzato le loro azioni.

A proposito, esiste una versione russa dello yarlyk di Tokhtamysh: “per cui vi sono discrepanze tra lo yarlyk tartaro e il rispettivo decreto in russo…  tuttavia, si può essere certi del fatto che anche la versione russa ha avuto origine nella cancelleria di Tokhtamysh” (ibid, pag. 3-4).

È molto vergognoso che lo “yarlyk mongolo di Tokhtamysh” sia scritto su una carta con lo stesso tipo di filigrana a “testa di toro”, proprio come le copie della Povest Vremennyh Let che gli storici moderni presumono essere antiche (ma, come abbiamo in precedenza dimostrato, è molto probabile che siano state realizzate a Königsberg intorno al XVII-XVIII secolo). Ciò significa che lo yarlyk di Tokhtamysh risale alla stessa epoca e potrebbe provenire dalla stessa officina. Quanto sopra spiegherebbe perché questo documento è stato ritrovato nell'archivio privato di Naruszevic e non nella cancelleria di Stato.

Le pagine degli “yarlyk mongoli” sono numerate con numeri arabi: “Il retro della seconda pagina… ha sopra la cifra due, che dovrebbe significare ‘pagina due’” (ibidem, pag. 14). Le note sul retro della prima pagina sono in latino e la grafia “deve risalire al XVI o XVII secolo” (ibid, pag. 10).

La nostra ipotesi è la seguente. Questo “famoso yarlyk mongolo” fu scritto nel XVIII secolo. La sua versione russa potrebbe, in qualche modo, averlo preceduto e servita da originale per “l’antico prototipo mongolo”.

A differenza di questi due “yarlyk mongoli” estremamente discutibili, gli yarlyk tartari autentici, risalenti all’epoca dei khan di Crimea, appaiono completamente diversi (ad esempio, la lettera del khan di Crimea Gazi-Girey a Boris Fyodorovich Godunov nel 1588-1589). Quest'ultimo ha un sigillo ufficiale e note formali sul retro (“tradotto nell'anno 7099”) ecc. (vedi ibid, pagina 46). La missiva è scritta in caratteri arabi standard e facilmente leggibili. Alcune delle missive dei khan di Crimea erano in italiano, come quella inviata da Mengli-Girey a Sigismondo I, re di Polonia.

D’altro canto ci sono moltissimi documenti databili effettivamente all’epoca del cosiddetto “Grande Giogo”, tutti in russo, come le missive dei Gran Principi, dei Principi ordinari, testamenti e archivi ecclesiastici. Esiste quindi un “archivio mongolo”; tuttavia, questo archivio è in russo; questo non sorprende, dal momento che l’Impero “Mongolo” era il Grande Impero Russo, la cui lingua ufficiale era ovviamente il russo.

Va detto che tutti questi documenti esistono come copie del XVII-XVIII secolo, con tanto di correzioni introdotte dai Romanov. I documenti autentici dell’epoca pre-Romanov, vennero cercati diligentemente, per poi essere distrutti dagli impiegati che avevano lavorato per i Romanov. Al giorno d'oggi non sono rimasti quasi più documenti di questo tipo.

Gli apologeti della versione milleriana potrebbero contrastare la nostra ipotesi con la presunzione che al declino dell'Orda seguì la distruzione di tutti i documenti mongoli, per cui i mongoli si trasformarono immediatamente in turchi e dimenticarono le loro origini. Se così fosse, bisognerebbe informarsi sulla prova dell’effettiva esistenza del “Grande Giogo” nella forma su cui insiste la versione consensuale. La teoria romanoviana della conquista “mongola” è molto seria dal punto di vista delle conseguenze; ovviamente, dovrebbe basarsi su fondamenta scientifiche a prova di cemento armato. Non è così. La teoria vera e propria deve essere stata introdotta con le opere degli storici del XVIII secolo. In precedenza, nessuno possedeva un briciolo di conoscenza sul “giogo mongolo”. È improbabile che le poche cronache che contengono le interpretazioni di questa teoria, siano antecedenti al XVII-XVIII secolo, vedi sopra. C’è bisogno della documentazione ufficiale per provare una teoria fondamentale come questa, e deve essere sigillata, firmata e autenticata, piuttosto che delle cronache di carattere letterario, facilmente copiabili e modificabili tendenziosamente. Inoltre, alcune delle vestigia che abbiamo scoperto ci parlano dei tentativi di falsificare gli stessi documenti ufficiali.

 

 

9.3. In riferimento alle lettere russe e tartare.

È noto che le monete dell'antica Russia spesso recano iscrizioni in una scrittura strana, che oggi ci sembra molto sconosciuta. Queste iscrizioni sono spesso dichiarate “tartare”, con l'implicazione che i principi russi fossero costretti a scrivere nella lingua dei conquistatori. Nessuno dei ricercatori è in grado di leggere questi scritti “tartari”, e per questo li dichiara privi di significato. La situazione con i sigilli dell'antico russo è la stessa: si trovano scritture sconosciute e frasi non identificabili (vedi [794], pagine 149-150, per esempio, e le illustrazioni ivi citate).

“Nel 1929, M. N. Speranskiy, un noto linguista russo, pubblicò una misteriosa iscrizione: nove righe di testo che aveva scoperto riguardo un libro del XVII secolo. Lo scienziato aveva considerato l'iscrizione “oltre la decifrazione, poiché conteneva lettere cirilliche intervallate da simboli non identificabili” ([425]). A quanto pare “si trovano dei segni misteriosi nei codici utilizzati per i documenti diplomatici russi, così come l'iscrizione di 425 simboli sulla campana di Zvenigorod, fusa sotto Aleksej Michailovic nel XVII secolo, i crittogrammi di Novgorod del XIV secolo e la scrittura segreta dei Serbi... Sono particolarmente degne di nota le combinazioni parallele dei misteriosi monogrammi e le scritte greche sulle monete risalenti all’epoca precedente... molte di queste iscrizioni furono trovate tra le rovine delle antiche colonie greche nella regione del Mar Nero... Gli scavi hanno dimostrato che in tutti questi centri venivano usate comunemente due scritture, una greca e l'altra che sfidava l'identificazione” ([425]). Un buon esempio di questa scrittura può essere visto nella fig. 3.22: è la famosa iscrizione della campana di Zvenigorod; ne parleremo approfonditamente in Cronologia4, capitolo 13.


Figura 3.22.
Le scritte sulla campana di Zvenigorod. Datate il XVI-XVII secolo. Tratte da [808].


Figura 3.23.
Lettere russe scolpite nella pietra. Risalgono al XVII secolo, e l'alfabeto utilizzato, oggi ci sembra strano.
La tabella per convertire i simboli delle lettere in caratteri cirillici è stata compilata da N. Konstantinov. Tratte da [425].

 

Ergo, la lingua “tartara” qui non ha alcuna rilevanza; i segni misteriosi potrebbero essere stati trovati insieme ai comuni caratteri cirillici in altri testi antichi, oltre a quelli scritti in russo, greco, serbo, cipriota, ecc… Questo alfabeto misterioso spesso dominava proporzionalmente sul testo cirillico: ce ne sono il 77% nell'iscrizione sopra menzionata, tratta da un libro del XVII secolo; i caratteri cirillici costituiscono una minoranza del 23% ([425]). Le monete e i sigilli russi antichi hanno un rapporto simile tra le due scritture.

I lettori potrebbero pensare che questi caratteri siano una sorta di sistema crittografico. Gli storici e gli archeologi sono proprio di questa opinione: i segni non sono cirillici, quindi dovrebbero essere una scrittura segreta ([425]). Ma come si può usare una scrittura segreta sulle monete? Questo lo troviamo davvero molto strano: le monete vengono utilizzate dal grande pubblico, che di certo non conosce la scrittura crittografica.

Il fatto più sorprendente è che l'interpretazione di questi “caratteri segreti” spesso si rivela un compito facile. Ad esempio, l'iscrizione sul libro considerato “totalmente indecifrabile” dal famoso linguista M. N. Speranskiy, è stata tradotta in modo indipendente da due dilettanti ([425]). Entrambi arrivarono esattamente allo stesso risultato, il che non sorprende, visto che per questa iscrizione non è stato utilizzato alcun codice, ma solo un alfabeto diverso. L'autore ha scritto quanto segue: “questo libro appartiene al principe Mikhail Fyodorovich Boryatinskiy” ([425]). Vedi fig. 3.23.

Abbiamo visto che la scrittura cirillica è stata adottata dai russi, dai greci, dai serbi ecc… relativamente di recente, poiché l’altro alfabeto è stato usato fino al XVII secolo (su sigilli e monete, nelle incisioni sulle campane e perfino nelle iscrizioni all'interno dei libri).

Per cui, le misteriose lettere “tartare” dell’Orda d'Oro trovate sulle monete russe, si rivelano essere altre versioni delle comuni lettere russe. Una tabella delle corrispondenze per alcune di esse, la si può trovare in [425]. Potete trovare maggiori informazioni al riguardo nella sezione degli Allegati intitolata “L'alfabetizzazione russa prima del XVII secolo”.

 

9.4. La storia dei Mongoli e la cronologia della sua creazione.

La teoria del “Grande Giogo dei Tartari e dei Mongoli” ha portato a moltissimi falsi presupposti. Ci sentiamo quindi in dovere di raccontare ai lettori la nascita della “teoria tartara e mongola”. Si è scoperto che la storia dei Mongoli e della conquista mongola nella sua versione consensuale, risale solamente al XVIII secolo; inoltre era ancora in fase di formazione anche nel XIX-XX secolo.

“Nel 1826, l’Accademia Russa delle Scienze si era rivolta agli scienziati russi e a quelli dell’Europa occidentale, con l’offerta di una borsa di studio di 100 chervontsi per chi avrebbe scritto un’opera scientifica sulle conseguenze della conquista mongola; il termine era fissato a tre anni. Il lavoro che riuscì a rispettare la scadenza fu rifiutato... sei anni dopo il primo tentativo, l'Accademia delle Scienze fece di nuovo una proposta simile... formulando l'obiettivo come “la necessità di scrivere la storia... della cosiddetta Orda d'Oro... utilizzando le cronache provenienti dall’Oriente, dall'antica Russia, dalla Polonia, dall'Ungheria ecc ... Ricevette in risposta un'opera gigantesca, scritta da Hammer-Purgstall, uno specialista tedesco in studi orientali. L'Accademia si dichiarò incapace di attribuirgli alcun premio. Dopo il secondo “fallimento”, l’Accademia smise di fare altri tentativi… la stessa storiografia dell’Orda d’Oro, [secondo B. Grekov e A. Yakoubovskiy, che scrissero nel 1937 – Aut.] che non è stata sino ad oggi ancora compilata, sarebbe un argomento utile, e l'incapacità degli studiosi di approfondire abbastanza l'argomento è di per sé edificante... Nessuno specialista russo in studi orientali ha scritto fino ad oggi un lavoro completo sulla storia dell'Orda d'Oro, sia scientifico che popolare” ([197], pagine 3-5).

L. N. Gumilev scrisse che “sebbene il problema della nascita e del declino dell'impero di Gengis-Khan sia stato studiato da molti storici, nessuno è riuscito a risolverlo in modo soddisfacente” ([212], pagina 293). Sulla storia mongola abbiamo due fonti del XIII secolo che presumiamo siano autentiche, una delle quali è La Storia Segreta dei Mongoli. Tuttavia, gli eminenti specialisti “V. V. Barthold e G. E. Grumm-Grzymajlo sollevano la questione su quanto ci si possa fidare di questa fonte” ([212], pagina 294).

La seconda fonte si chiama Il Libro d'Oro; è basato sulla raccolta delle opere dello storico arabo Rashed ad-Din. Tuttavia, I. Berezin, il primo russo che tradusse quest'opera a metà del XIX

secolo, ci dice quanto segue: “Le tre copie della Storia dei Mongoli che erano a mia disposizione appartenevano all'Accademia delle Scienze di San Pietroburgo, alla... Biblioteca pubblica di San Pietroburgo, e la terza copia parziale era appartenuta una volta al nostro ex inviato in Persia. La migliore di queste copie è quella della Biblioteca Pubblica; sfortunatamente, i nomi delle persone sono spesso lasciati senza segni diacritici [usati per le vocalizzazioni - Aut.], e sono occasionalmente del tutto assenti” ([724], pagine XII-XIII).

Berezin ammette di essere stato costretto a inserire dei nomi arbitrariamente, guidato dalla sua “conoscenza” delle vere coordinate cronologiche e geografiche delle epoche a cui appartenevano ([724], pagina XV).

La storia del periodo storico successivo (l'Orda d’Oro e i suoi khan) contiene persino molti luoghi poco chiari. V.V. Grigoryev, il famoso specialista in studi mongoli vissuto nel XIX secolo, scrisse che “la storia dei khan che avevano governato nell'Orda d'Oro, dimostra una strana pochezza di nomi ed eventi; nonostante abbiano distrutto le reliquie letterarie più importanti... hanno anche cancellato quasi ogni traccia dell'esistenza dell'Orda. Le città un tempo fiorenti governate dai khan, ora giacciono in rovina... come la famosa Saray, che era stata la capitale dell'Orda: non conosciamo nemmeno le rovine a cui potremmo attribuire questo nome” ([202], pagina 3).

Grigoryev ci dice inoltre che “Le nostre cronache dovrebbero di diritto contenere indicazioni precise sull'epoca della fondazione di Saray, eppure frustrano le nostre speranze, poiché, quando ci parlano dei principi e dei loro viaggi verso l'Orda, non specificano in alcun modo l'ubicazione dell'Orda, affermando semplicemente che 'Il principe tal dei tali si recò all'Orda', o 'tornò dall'Orda'” ([202], pagine 30-31).

 

 

10. Gog e Magog. Il Gran Principe di Rosh, Meshech e Tubal.   

La Rus’ dell’Orda e la Rus’ di Mosca sulle pagine della Bibbia.

Il libro di Ezechiele contiene un passaggio che è ancora considerato altamente controverso. La traduzione sinodale utilizzata dalla Chiesa ortodossa russa lo riporta come segue: “Figlio dell’uomo, volgi la tua faccia contro Gog, la terra di Magog, il Gran Principe di Rosh, Meshech e Tubal, e profetizza contro di lui, E dice: Così dice il Signore Dio; Ecco, io sono contro te, o Gog, il Gran Principe di Rosh, Meshech e Tubal... Gog verrà contro la terra d'Israele (Ezechiele 38:2-3, 38:18 ss.). Rosh è menzionata anche nel Libro della Genesi (46:21), così come l'Orda (con il termine Ard – vedere Genesi 46:21). Gog e Magog sono menzionati anche nel Libro dell'Apocalisse (20:7).

Secondo alcuni cronisti medievali, Gog e Magog erano i nomi dei Goti e dei Mongoli (gli ungheresi del XIII secolo erano convinti dell'identità tartara di queste due nazioni bibliche, vedere [517], pagina 174). N. M. Karamzin riferisce che alcuni storici avevano usato i nomi Gog e Magog per riferirsi ai Cazari ([362], Annotazione 90 al Volume 1). In altre parole, i Cosacchi vedi sotto.

D'altra parte, i bizantini medievali erano certi che questo passaggio di Ezechiele si riferisse ai Russi, e scrissero “Principe di Ross” invece che “Rosh”; Leone Diacono, ad esempio, descrivendo la campagna del Gran Principe Sviatoslav contro Bisanzio alla fine del presunto X secolo, scrive quanto segue sui russi: “Molti possono testimoniare che questo popolo è valoroso, coraggioso, militante e potente, così come il fatto che attaccano tutte le tribù vicine; anche il divino Ezechiele menziona questo quando dice 'Ecco, mando contro di te Gog e Magog, Principe di Ross'” ([465], pagina 79). Leone dice “Ross” invece che “Rosh”.

Lo stesso testo nella famosa Bibbia di Ostrog (vedi le figg. 3.24 e 3.25) contiene nientemeno che la formula “Principe dei i Rosses”!

 


Figura 3.24.

Un frammento della Bibbia di Ostrog (Ezechiele 38:2-3), dove il Principe di Ross viene esplicitamente chiamato "Knyaz Rosska", ossia "Principe russo". Tratto da [621].




Figura 3.25.
Una copia disegnata del frammento della Bibbia di Ostrog (Ezechiele 38:2-3) riferito al principe russo, realizzata da M. I. Grinchouk (MSU) per una migliore leggibilità.

La nostra ricostruzione offre una spiegazione davvero molto semplice.

  1. La parola “Rosh” o “Ros” (anche “Rash” e “Ras”) è usata per riferirsi alla Russia (cfr. con la pronuncia inglese del nome del paese).
  2. I nomi Gog e Magog (così come Mgog, Goog e Mgoog) si applicano alle stesse nazioni russe e tartare che avevano fondato l'impero di Magog (Il Grande Impero).
  3. Il nome Meshech (MHCH o MSKH) sta per Mosokh, un personaggio leggendario; secondo molti autori medievali, la città di Mosca ha ricevuto il suo nome proprio da questo Mosokh.
  4. La parola Tubal (TBL o TVL) è un riferimento alla regione di Tobol nella Siberia occidentale, che rimane un importante centro della cultura cosacca. Lo incontriamo anche nella Versione Autorizzata: “Gog, il paese di Magog, il Principe Capo di Meshech e Tubal, (Ezechiele 38:2), e anche “O Gog, il Principe Capo di Meshech e Tubal (Ezechiele 38:3). Gog è chiamato “Principe Capo” di Meshech e Tubal, ossia Tobol: il titolo è identico a quello del Gran Principe!

Non si può non notare la seguente circostanza. Come possiamo vedere, il nome Rosh non compare nella versione autorizzata della Bibbia pubblicata dalla British and Foreign Bible Society (cfr. con la traduzione sinodale russa). Quale potrebbe essere il problema? Sembra che il traduttore politicamente corretto della Bibbia, si fosse sentito a disagio per la presenza di questa parola pericolosa nel contesto biblico. Avendone compreso il significato, il nostro interprete ha deciso di eliminare la parola “russi” dal testo canonico della Bibbia, in modo da impedire ai pii britannici del XIX secolo di porre domande indesiderate sulle attività dei russi molto tempo prima di Cristo.

Facciamo notare che, nonostante la lodevole vigilanza per quanto riguarda il nome Rosh, il traduttore ha lasciato nel testo una parola altrettanto pericolosa: Tubal. La cosa non sorprende: difficilmente i traduttori del XIX secolo sapevano qualcosa della Siberia russa. Se fosse stato il contrario, questo nome non sarebbe mai riuscito a superare la censura. Tuttavia, è possibile che il biblico T-Bal sia un riferimento a T-BAL, e che la T sia stata usata come articolo determinativo prima della parola Bal, ovvero “bianco” (Babilonia), forse in riferimento alla Russia Bianca, o Bielorussia; il nome Baltico deve avere la stessa radice.

Nel libro di Leone Diacono che abbiamo citato prima, il posto dove usa il termine “Ross” invece che “Rosh”, fa infuriare non poco i commentatori moderni; essi scrivono quanto segue: “la parola Rosh entrò nel testo a causa di un errore contenuto nella traduzione greca; tuttavia i bizantini lo interpretarono sempre come il nome di una nazione e lo usarono per indicare alcuni popoli barbari del V secolo in poi… quando i Russi fecero conoscere alla storia la loro presenza nel IX secolo, la mentalità escatologica dei bizantini li collegò immediatamente al termine biblico 'Rosh'... La prima volta che vediamo il testo di Ezechiele applicato ai russi, è nell'agiografia di Vassily Novy: 'Verrà una nazione barbara, chiamata Ros, Og e Mog' (The New Basil, pagine 88-89) … anche qui il testo biblico è distorto, così come nell’opera di Leone Diacono … ecco perché è stata coniata la parola Russia (Rossiya). Quanto a Gog e Magog, nel Libro dell’Apocalisse vengono indicati come nazioni (20:7-8). Sono stati associati a tribù che erano ostili fin dai tempi di Eusebio. L'opinione più diffusa li aveva identificati negli Sciti, il che aveva dato più validità al parallelo scolastico con la Russia” ([465], pagine 211-212).

Il passaggio della Bibbia slava di Ostrog citato sopra, dove il riferimento è più che esplicito (“Principe di Ross”, ossia Principe di Russia) non è mai menzionato dagli storici; è altamente improbabile che abbiano qualcosa da dire al riguardo. Il nome Magog venne anche usato nella forma Mog, o Mogol, che era anche il nome usato dai primi adepti della scienza storica per i Mongoli. Questa è ancora un'altra indicazione che il termine veniva usato per lo stato russo (Ross), noto anche come Impero dei Mongoli e dei Tartari e Megalion (Grande). Cfr. le parole russe mog, moshch, ecc... (“potere” e suoi derivati) come menzionate sopra nei dettagli.

A quanto pare, anche la famosa Assiria (descritta anche nella Bibbia), ossia la Siria (Ashur), viene identificata con la Russia (Orda) in numerose cronache. Le letture inverse senza vocalizzazioni (aramaiche o arabe) trasformano la Siria in Ross e l'Assiria (o Ashur) in Russia.

L'identificazione russa dell'Assiria biblica, veniva ricordata ancora nel XVIII secolo, durante le guerre tra Svezia e Russia. Peter Englund, un odierno storico svizzero che studiò gli antichi documenti svedesi del XVIII secolo e li usò come base per il suo libro Poltava. How an Army Perished ([987:1]), riferisce quanto segue: “Gli ecclesiastici come Westerman erano stati costretti a proclamare da ogni pulpito e su ogni campo di battaglia, che gli svedesi erano la nazione eletta e lo strumento del Signore, che li sosteneva. Questo non era un semplice stratagemma volto a impressionare la gente; il re stesso era certo che questa fosse la verità. Allo stesso modo dei figli d'Israele, i guerrieri svedesi furono mandati sulla terra per punire gli eretici e i peccatori... Come prova furono citati bizzarri trucchi con le parole; uno dei sacerdoti si rivolse a uno squadrone affermando che gli svedesi erano stati gli israeliti del loro tempo, poiché se si leggesse al contrario Assur (l’Assiria, ossia il nemico di Israele), si otterrebbe... Russa!” ([987:1]), pagine 19-20.

Gli storici moderni commentano questa antica testimonianza in modo piuttosto ironico, vedi l’articolo di Azarov intitolato “La battaglia di Poltava agli occhi degli svedesi”, Literaturnaya Rossiya, 11.07.1997, n. 28 (1796), pagina 14). Al giorno d'oggi, i commentatori trattano tali resoconti come aneddoti che ci raccontano l'orrenda ignoranza scolastica degli svedesi, con l’uso gratuito di una sarcastica omissione di punti e punti esclamativi.

Peter Englund ci assicura che i riferimenti assiri sono il risultato dei “giochi di parole” del sacerdote; tuttavia è possibile che le truppe svedesi abbiano resuscitato un vecchio slogan riformista del XVI-XVII secolo, qualcosa del tipo “Schiacciamo gli Assiri!”, poiché il ricordo che la biblica Assiria fosse lo stesso paese della Russia, doveva essere ancora piuttosto fresco nell’Europa occidentale. Riteniamo improbabile che i preti svedesi tenessero lezioni linguistiche ai soldati che stavano per andare in battaglia e forse morire. Fu un po' più tardi che gli storici del XVIII-XIX secolo iniziarono ad attribuire le proprie teorie linguistiche ai personaggi del XVIII secolo, per giustificare la cronologia di Scaligero.

A proposito, anche la parola finlandese suuri significa “grande”, per cui è possibile che il Grande Impero possedesse diversi nomi “esterni”: Grande = Megalion = Mongolia, così come Suuri = Assur = Assiria.

Torniamo a ciò che dicevamo all'inizio di questa sezione, e poniamoci delle domande sulla data di quando fu veramente creato il libro biblico di Ezechiele. Potrebbe davvero essere stata un'epoca che precedette la nuova era di un paio di secoli, come la storia di Scaligero sta cercando di convincerci? Come abbiamo già capito, le parole di Leone Diacono implicano che non avrebbe potuto essere stato scritto prima dell'XI secolo della Nuova Era. Per il resto bisogna ammettere che la questione dell'invasione russa dal nord era stata discussa con grande interesse già diversi secoli prima di Cristo.