Сronologia 4

testo tradotto in italiano da Claudio dell'Orda

This Italian translation of the fragments of the 4-st volume by Anatoly Fomenko was done by Claudio dell'Orda from the English edition: 
A. T. Fomenko, T. N. Fomenko, V. V. Kalashnikov, G. V. Nosovskiy
History: " Fiction or Science?"
THE CHRONOLOGY OF RUSSIAN HISTORY.
NEW CHRONOLOGY AND CONCEPTION OF BRITISH HISTORY. ENGLAND AND RUSSIA (OR THE HORDE).
THE CHRONOLOGY AND GENERAL CONCEPTION OF ROMAN AND BYZANTINE HISTORY

Capitolo 14: Informazioni varie.

 

27. Il modo in cui la falsificazione dei documenti da parte dei Romanov si è riflesso nella storia della scrittura manuale russa.

 

In precedenza, abbiamo a lungo trattato della falsificazione globale degli antichi documenti russi che ebbe luogo nell’epoca dei primi Romanov (cioè, a incominciare dalla metà del XVII secolo). Riflettiamo su come questo enorme imbroglio debba aver colpito la storia della scrittura a mano russa. Gli stili della scrittura a mano sono soggetti a cambiamenti nel corso del tempo; questo può influenzare grandemente la maniera in cui certe lettere o combinazioni di lettere sono scritte. Il risultato è che il testo scritto con una scrittura arcaica e poco comune, sia spesso molto difficile da leggere, a causa del fatto che alcune lettere sono quantomeno impossibili da riconoscere.

Comunque, immaginiamo che a un certo punto della storia tutti i documenti delle epoche precedenti fossero scritti di nuovo e venissero distrutti gli originali. Questo ci lascerebbe in una situazione in cui tutti gli “antichi” documenti falsificati sono scritti più o meno con lo stesso stile di scrittura, quello utilizzato nell’epoca della falsificazione. Questo è lo stile che hanno imparato fin da bambini gli scribi del tardo XVII secolo. Non importa quanto duramente abbiano tentato di far sembrare “antica” la scrittura, la maniera di scrivere adottata nell’infanzia deve aver lasciato, in un modo o nell'altro, una traccia. Perciò, il lettore moderno non dovrebbe avere grandi problemi a leggere gli “antichi” testi (falsificati e modificati). È sufficiente leggere due o tre di questi “antichi documenti” per abituarsi al tipo di scrittura. Il resto degli “antichi documenti” non dovrebbe presentare alcuna difficoltà, poiché la forma delle lettere e la maniera di scrivere dovrebbero rimanere più o meno costanti.

Questo è precisamente quello che è successo con la storia della scrittura manuale russa. Tutti gli “antichi” testi, presumibilmente datati all’epoca pre-romanoviana, possono essere letti senza troppi problemi. Se riusciste a leggere un testo datato presumibilmente al XVI secolo, sarebbe per voi ugualmente facile leggere dei testi che risalgono presumibilmente al XI e al XII secolo ecc. Lo stesso si può dire per i testi che datano alla seconda metà del XVII secolo. Sembra come se i testi scritti a mano della prima metà del XVII secolo, siano l’unica eccezione, a dispetto del fatto che la scrittura a mano del presunto XVI secolo, sia normalmente molto più accessibile. Ci riferiamo naturalmente ed esclusivamente a reperti pubblicati; non c’è modo di sapere cosa sia nascosto negli archivi chiusi.

E così accadde qualcosa di strano nella scrittura manuale russa nella prima metà del XVII secolo, ossia nell’epoca dei primi Romanov, che cominciò intorno agli inizi del XVII secolo e arrivò fino al 1630. La scrittura a mano di questi documenti è drasticamente differente da ogni altra scrittura a mano di qualunque altro periodo storico. Per qualche misteriosa ragione, è nell’epoca che va grossomodo dal 1613 al 1630, che appare una scrittura a mano di difficile lettura e in alcuni casi impossibile da decifrare. Questo è dovuto principalmente alla bizzarra forma della maggior parte delle lettere che spesso assomigliano alla scrittura araba, piuttosto che a caratteri slavi. In realtà le lettere sono slave, è solo la loro forma che troviamo inconsueta oggi. Questo effetto è davvero di grande interesse e si manifesta in modo vivido nella serie dei reperti di scrittura manuale russa riprodotta nella edizione multi-volume intitolata Il Dizionario del Linguaggio Russo del XI-XVII secolo ([782]-[791]). Ventitré volumi del dizionario sono stati pubblicati a tutt’oggi. Ognuno di loro contiene due differenti esempi dell’antica scrittura a mano, riprodotta nella pagina del titolo. Abbiamo scelto dodici reperti di scrittura a mano, documenti che riguardano per la maggior parte il commercio, vedi figg. da 14.126 a 14.141. Segnaliamo che i reperti che non riproduciamo qui, sono tutti scritti con una calligrafia perfetta che sarebbe facile da decifrare per qualsiasi lettore moderno, a dispetto del fatto che dall'epoca in questione sono passati diversi secoli.

La nostra raccomandazione ai lettori che hanno familiarità con l’alfabeto cirillico, è quella di provare a leggere davvero questi reperti e poi stimare quali siano i più difficili da leggere. Questi sono indubitabilmente i reperti di scrittura a mano che datano al 1613-1614 e al 1629. Questo fatto può essere ovviamente spiegato in diversi modi, tuttavia la nostra ricostruzione lo fa sembrare perfettamente naturale. In più sarebbe strano se le cose stessero diversamente. Di fatto, durante la campagna di falsificazione dei Romanov, che cade nella seconda metà del XVII secolo, gli scrivani lasciavano, comprensibilmente, i documenti dei Romanov stessi intatti, cioè quelli che riguardavano l’epoca in cui la loro dinastia era già al potere. Dopo tutto, questi documenti già cadevano nella categoria “autorizzata”, e non abbisognavano di correzioni, al contrario della maggior parte dei documenti precedenti che venivano o distrutti o modificati in modo tendenzioso. La modifica era comunque fatta nella seconda metà del XVII secolo, e gli scrivani ovviamente scrivevano nel loro modo normale, che si può datare alla seconda metà del XVII secolo. D’altra parte i primissimi documenti dei Romanov erano scritti da scrivani che erano stati allevati e educati nell’epoca pre-romanoviana e così la loro scrittura era drasticamente differente da quella introdotta nella seconda metà del XVII secolo, come si può vedere oggi. Perciò, la misteriosa scrittura a mano era comune in Russia, ossia nell'Orda, intorno alla fine del XVI secolo; alcuni esemplari dei documenti dei primi Romanov, sono stati piuttosto fortunosamente conservati.


Figura 14.126.
Pagina dall'Almanacco di Svjatoslav risalente presumibilmente al 1076. Tratto da [782], numero 1.



Figura 14.127.
Pagina dal "Ryazan Nomocanon" presumibilmente risalente al 1284. Tratto da [782], numero 1.



Figura 14.128.
Atto di acquisto in pergamena risalente presumibilmente al XIV – inizio XV secolo. Tratto da [788], numero 8.



Figura 14.129.
Altro atto di acquisto su pergamena risalente presumibilmente al XIV – inizio XV secolo. RRom [728], numero 8.


Ingrandimento di un frammento
Figura 14.130.
Ingrandimento di un frammento di un atto di acquisto in pergamena risalente presumibilmente al XIV – inizio XV secolo.



Figura 14.131.
Pagina dalla “Cronaca di Avraamka” presumibilmente risalente al XV-XVI secolo. Tratto da [784], numero 3.



Figura 14.132.
Pagina di un libro intitolato “Guardia”, risalente al XVI secolo. Tratto da [783], numero 2.



Figura 14.133.
Documento dell'Archivio Stroganov. Risale all'"anno 122", che si converte nella scala cronologica moderna come 1613-1614. Tratto da [787], numero 7.




Figura 14.134.
Frammento dell'illustrazione precedente: primo piano. Tratto da [787], numero 7.




Figura 14.135.
Pagina da “Spear Books” risalente presumibilmente alla fine del XVI – inizio XVII secolo. Tratto da [783], numero 2.




Figura 14.136.
Pagina della Cronaca di Putivl risalente al 1629. Tratto da [791], numero 19.



Figura 14.137.
Frammento dell'illustrazione precedente: primo piano. Tratto da [791], numero 19.


 Missiva autentica inviata dallo zar Fëdor Alexeyevich Romanov
Figura 14.138. Missiva autentica inviata dallo zar Fëdor Alexeyevich Romanov al patriarca moscovita Ioakim intorno al 1676-1682 d.C. Tratto da [785], numero 5.



Figura 14.139.
"La lettera inviata da Olfyorka ad A. I. Bezobrazov". Il XVII secolo. Tratto da [785], numero 5.



rammento di pagina tratta da un Libro delle Erbe del XVII secolo
Figura 14.140.
Frammento di pagina tratta da un Libro delle Erbe del XVII secolo: un ingrandimento. Tratto da [791], numero 19.


Pagina di un Libro delle Erbe del XVII secolo
Figura 14.141.
Pagina di un Libro delle Erbe del XVII secolo. Preso da [791], numero 19.

 

Dobbiamo farvi notare che abbiamo cercato di leggere un documento russo scritto a mano datato al 1613-1614, e un frammento di un altro documento russo datato al 1629, vedi fig. 14.134 e 14.135, ma ci è costato molto sforzo e parecchio tempo per abituarci alla forma idiosincratica delle lettere, al modo particolare di fare gli inserti e le abbreviazioni e le diverse versioni di una stessa lettera.

Citiamo l’inizio di un documento datato 1613-1614.

Materiali di discussione, Nell’anno pkb (centoventiduesimo), il quattordicesimo giorno di Dicembre, il Principe Timofei, figlio del Principe Ivan Obolenskiy, arrivò con urgenza dall’Orda di Varkharchinskaya per rappresentare i Lituani e i Circassi.”

Un dettaglio curioso è che l’anno 122 “da Adamo” è indicato senza il millennio (il sette nel posto delle migliaia è stato omesso). Questo anno corrisponde al 1614 d.C. nella scala cronologica moderna poiché 7122 = 5508 + 1614. Questa “abbreviazione millenaria” veniva utilizzata negli antichi documenti come regola. Non c’è confusione cronologica nel caso presente; comunque, se il documento riguarda eventi non comuni, si può facilmente “estendere” la storia russa nel lontano passato datandola al 614 invece che al 1614, per esempio.

Un’altra osservazione interessante è la seguente. Ci si riferisce alle truppe Lituane e Circasse come l’Orda; la parola russa usata è “gorda” e non la più comune “orda”. Questa versione può fare, per esempio, un po’ di luce sull’etimologia della parola inglese Horde. La parola “horror” potrebbe aver un’origine simile: è così che l’Orda si è riflessa nell’addolcito suono latino “antico” (vedi [237], pag. 480). Come per il russo, la parola “gordiy”, ossia “fiero”, è molto probabilmente derivata dalla parola “gorda”.

Torniamo comunque allo stile dell’antica scrittura a mano russa e ricordiamo il fatto che molte delle antiche monete trovate in Russia hanno delle iscrizioni illeggibili dichiarate arabe (vedi Cronologia5, Capitolo 2). L’origine araba di queste lettere può essere stimata solo dalla loro forma, che davvero sembra araba. Comunque, cercare di leggere le scritte come testo arabo è risultato vano e questo è il motivo per cui sono state inizialmente dichiarate illeggibili. Comunque, la scrittura a mano del tardo XVI, primi del XVII secolo, che spesso alla vista assomiglia fortemente all’arabo, ci porta a pensare che queste “illeggibili iscrizioni” sulle monete siano russe. I caratteri inconsueti dichiarati arabi oggi, devono essere antiche lettere russe del XIV-XVI secolo, ora completamente dimenticate. Oltretutto, le iscrizioni sulle monete sono molto più difficili da leggere di quelle dei testi su carta. Nel caso precedente, c’è sempre una frase breve o una singola parola; inoltre, l’uso di abbreviazioni era una regola nel conio. Se la forma delle lettere è inconsueta l’iscrizione è completamente illeggibile.

Assistiamo così a una bizzarra tendenza. Cronache russe, libri e opere d’arte che si presume risalgano a epoche remote, sono state di fatto ricevute dalle mani degli storici del XVII-XVIII secolo, scritte in un russo perfettamente leggibile. Questo rende molto curioso che quando viene disseppellito un autentico reperto russo, e per autentico intendiamo che ha fortunosamente evitato le grinfie degli editori romanoviani, vediamo un quadro completamente differente. La decifratura delle iscrizioni porta sempre a grandi complicazioni (letteralmente bisogna decifrarle) e gli ostacoli che i ricercatori trovano sono spesso insormontabili. Cominciamo a capire che questa caratteristica è tipica dei reperti che sono realmente di epoche pre-romanoviani e in certi casi anche dell’epoca dei primi Romanov. La distruzione della tradizione della vecchia Orda ha richiesto del tempo dopo tutto, e così persino nel caso di reperti romanoviani può capitare di incontrare scrittura nello stile antico. Questo, in particolare, riguarda le lontane province. Davvero, le antiche tradizioni muoiono a fatica.

 

28. Un esempio di un documento storico russo ovviamente contraffatto: un decreto reale di Ivan il Terribile.

 

In precedenza abbiamo trattato a lungo la falsificazione degli antichi documenti russi nell’epoca dei Romanov. È un fatto comunemente noto che i documenti russi dell’epoca pre-romanoviana o sono svaniti o ci hanno raggiunti come copie del XVII secolo, realizzate sotto i Romanov. È noto che nel XVII secolo molti ministeri compilassero libri di copie presi da antichi documenti. Queste “copie” esistono ancora, mentre gli originali sono misteriosamente scomparsi. Si pensa che i funzionari romanoviani abbiano diligentemente copiato tutti gli antichi documenti e che le copie in questione siano perciò considerate delle genuine copie letterali di originali andati perduti. Comunque, tutto quello che siamo riusciti a trovare ci fa dubitare fortemente che la campagna di copiatura dei primi Romanov sia stata condotta col nobile obiettivo di conservare le fragili pergamene per la posterità. È più probabile che sia stato l’opposto, ovvero la distruzione degli originali rimpiazzati da copie rielaborate alla bisogna.

Tuttavia, certi documenti, in particolare diversi decreti di Zar e Gran Principi si presume ci abbiano raggiunto nella loro forma originale. Siamo dell’opinione che sia necessario condurre un nuovo e meticoloso studio dei presunti autentici documenti pre-romanoviani russi, per scoprire se davvero sono stati conservati nella loro forma originale.

I documenti che ci vengono mostrati oggi potrebbero essere dei falsi romanoviani? Il sospetto che una simile attività abbia davvero avuto luogo è confermato dal seguente esempio illuminante. Gli inserti a colori alla fine di [638] contengono una fotografia del sigillo reale di stato dello Zar Ivan IV Il Terribile, allegato a “un decreto che risale a un'epoca più tarda”, secondo il commento degli storici sapienti ([638]; vedi fig. 14.142). Secondo [638], questo decreto è conservato nell’Archivio Centrale di Stato degli Antichi Documenti ([638], pag. 568).

Un decreto dello “Zar Ivan Vasilyevich (Il Terribile)”
Figura 14.142.
Un decreto dello “Zar Ivan Vasilyevich (Il Terribile)”,
ovviamente contraffatto.
Il sigillo apposto sulla carta è stato
evidentemente prelevato da qualche altro documento
insieme al pezzo di carta su cui è apposto,
e incollato sul presente documento.
Il decreto è conservato nell'Archivio Centrale
Nazionale degli Atti Antichi di Mosca.
Tratto dalla sezione del riquadro a colori alla fine di [638].


Figura 14.143.
Frammento di un decreto attribuito allo zar Ivan Vasilyevich “Il Terribile”.
Si tratta ovviamente di un falso:
il sigillo è incollato sul decreto con pezzi di carta estranea.

Descriviamo i sigilli ufficiali di stato utilizzati all’epoca. Nella parte inferiore del documento venivano fatti diversi fori, uniti con un pezzo di filo, le cui estremità erano poi cucite assieme e sigillate con cera, piombo o qualche altro materiale. Il sigillo stesso non avrebbe potuto essere incollato su un altro documento senza venire danneggiato. È decisivo che i buchi per il filo fossero fatti nel documento stesso e non in un foglio separato, che avrebbe potuto facilmente essere rimosso e incollato su un altro documento.

Cosa vediamo nella fotografia del decreto reale timbrato col sigillo dello Zar Ivan Vasilyevich “Il Terribile” (preso da [638])? Il sigillo è ovviamente attaccato a un qualche pezzo di pergamena, che a sua volta è incollato alla parte inferiore del sigillo, vedi figg. 14.142 e 14.143. Per cui, sia il sigillo che il filo sono stati tolti da qualche documento e incollati su un altro. Questo è evidentemente un oggetto contraffatto.

La prima riga del documento dice che fu emesso dal Gran Principe Ivan Vasilyevich. Questo, come anche il fatto che gli storici ammettono che il decreto risale a “un’epoca più tarda”, ci dice chiaramente che si tratta di un falso, poiché “Ivan il Terribile” è stato l’ultimo Zar Russo a chiamarsi Ivan Vasilyevich.

 

 

29. A dispetto si tutti i tentativi, gli storici non sono mai riusciti a nascondere il fatto che gli Zar di Mosca avessero il titolo di Gran Imperatore.

 

Sebbene i libri scolastici non scrivano nulla a proposito, gli storici sanno che nel XVI secolo, nell’Europa dell’Est ci si riferiva agli Zar Russi come i Gran Imperatori. Questo viene riportato da Karamzin, per esempio ([362], Volume 8, colonna 146). La nostra ricostruzione corrisponde, poiché lo Zar Russo o Khan, era il sovrano di tutto il Grande Impero "Mongolo", che includeva l’Europa dell’Est in particolare. É per questo motivo che i re dei paesi dell’Europa Occidentale gli riconoscevano questo titolo superiore, chiamandolo Imperatore. La parola aveva origine nell’Europa Occidentale; veniva usata per riferirsi a un sovrano supremo e signore dei sovrani delle province imperiali, come i re, i duchi ecc.

Il fatto che i sovrani dell’Europa Occidentale avessero un tempo utilizzato il titolo di “Gran Imperatore” per riferirsi allo Zar Russo, ci è noto dai documenti del XVI secolo. Questo irrita assai gli storici sapienti, poiché contraddice l’immagine "dell’arretrata e selvaggia Russia” da loro disegnata; un paese che aveva ripetutamente fatto del suo meglio per raggiungere il livello illuminato dell’Europa Occidentale, senza mai riuscirci. Comunque, rimane il fatto che gli storici sono costretti a dare una sorta di spiegazione. Hanno trovato una soluzione semplice, presentando il fatto come una forma di confusione o di scherzo. L’implicazione è che i potenti monarchi dell’Europa Occidentale trattavano con paternalismo il loro selvaggio vicino orientale, chiamandolo “Gran Imperatore” ma nascondendo il sorriso, usando il termine come un equivalente delle perline di vetro che i navigatori occidentali scambiavano con l’oro e altri preziosi, nelle loro interazioni con i selvaggi ignoranti, felici di farsi truffare. È così che gli storici presentano il fatto che i monarchi europei chiamassero lo Zar Russo, o il Khan, Gran Imperatore.

Non è difficile capire gli storici, non hanno altre opinioni. Osserviamo come Karamzin tenta di risolvere il problema. Questo è ciò che scrive raccontandoci del ritorno dell’inviato russo Iosif Nepeya di Vologda, dalla Britannia: “Ivan il Terribile aveva molto gradito le gentili lettere di Maria e Filippo, in cui lo chiamavano Gran Imperatore; avendo saputo da Nepeya che gli Inglesi lo avevano trattato con grande reverenza e simpatia, come anche la corte e il popolo, Ivan aveva dato il benvenuto agli Inglesi in Russia... In altre parole, le nostre relazioni con la Britannia, basate su mutui benefici ed evitando pericolose competizioni politiche… servivano come prova della saggezza dello Zar… facendo ancora più splendido il suo regno” ([362], Volume 8, Capitolo 5, colonna 146).

Karamzin ha fatto davvero del suo meglio. Lo Zar “era contento” del fatto che gli Inglesi lo chiamassero Gran Imperatore, implicando che lui fosse sorpreso di essere chiamato così, e utilizza la cosa come prova della sua saggezza, mostrando la lettera dalla Britannia ai suoi boiardi, così che anche loro vedessero com’era saggio lo Zar, riconosciuto per tale nientemeno che dagli illuminati Bretoni. Implica anche che l’autorità dei raffinati inglesi facesse apparire ancora più splendido il trono barbarico russo agli occhi dei selvaggi russi.

Qui dobbiamo affermare che Karamzin sta di fatto prendendo parte a un imbroglio, poiché capisce in modo completamente distorto la prova dell’antico documento, ovvero che l’Inghilterra fosse subordinata al Grande Impero "Mongolo" e al suo Zar, o Khan, nel XVI secolo. Rovescia il tutto presentandoci uno scenario di fantasia, in cui i sovrani dell’Europa Occidentale usano con disinvoltura un titolo così serio come quello di Gran imperatore, nelle missive ufficiali, per ottenere benefici a breve termine.

Quanto sopra rivela anche la posizione della capitale, ossia la residenza del Gran Imperatore: Mosca. La parola Imperatore si riferisce al sovrano di un Impero e c’era un solo Grande Impero all’epoca, il Grande Impero "Mongolo". Un solo Impero implica un solo Imperatore: lo Zar, o Khan di Russia, anche conosciuta come Orda. Le fonti russe si riferiscono all’Impero come al Regno di Russia, intitolando il suo sovrano come il Gran Principe di Tutta la Russia. Il Principato di Moscovia era il cuore dell’Impero, ma non certo tutto l’Impero. C’era una distinzione tra i due termini, che si riflette anche nei documenti del XVII secolo, il famoso Codice del Concilio del 1649, per esempio (vedi Cronologia5).

Durante il Periodo dei Torbidi in Russia, quando l’impero si era già disgregato, il trono passò a Dmitriy Ivanovich, oggi accusato erroneamente di essere un impostore, vedi sopra. I documenti dell’epoca, cioè l’archivio diplomatico polacco, ha salvato le parole seguenti che si riferiscono all’ambasciatore polacco. Le citiamo dal testo di Karamzin, che deve aver fatto del suo meglio per nasconderne i rozzi contorni. Dmitriy dice quanto segue: “Non sono semplicemente un Principe, uno Zar e un Signore; sono il Gran Imperatore del mio vasto dominio. Questo titolo mi è stato dato dal Signore stesso e non è una semplice parola come i titoli degli altri re: né gli Assiri né i Medi né i Cesari Romani hanno posseduto il diritto di chiamarsi così… non mi chiama Imperatore ogni Monarca Europeo?” ([362], Volume 11, Capitolo 4, colonna 155.

Il passaggio di cui sopra ci dice che lo Zar Russo era il Gran Imperatore, stabilendo in modo chiaro che nessun altro monarca poteva reclamare diritti su quel titolo. Sappiamo anche che il suo dominio europeo era vasto e che ogni monarca europeo si rivolgeva a lui chiamandolo Gran Imperatore.

Tutto ciò corrisponde perfettamente alla nostra ricostruzione, secondo la quale il Grande Impero "Mongolo" è esistito fino ai primi del XVII secolo. Lo Zar Dmitriy, il Khan, naturalmente cercava di mantenere il titolo di Gran Imperatore nel suo precedente significato. Tuttavia, la frammentazione dell’Impero era già iniziata e i monarchi locali ammutinati (inclusi i polacchi) lottavano per l’indipendenza dai vecchi sovrani dell’Orda di Mosca.

 

 

30. La reazione della nobiltà russa all'introduzione della versione di Scaligero della storia "antica", nel XVIII secolo.

R. K. Almayev è stato così gentile da segnalarci un certo numero di fatti curiosi, contenuti nell’articolo di V. V. Dementieva, intitolato “La ‘Storia Romana’ di Charles Rolain Letta da un Nobiluomo Russo” pubblicata in un periodico scientifico intitolato “Vestnik Drevney Istorii” (“Il Corriere della Storia Antica”, [238]).

La Dementieva ci dice quanto segue: “La collezione dell’Archivio di Stato dell’Oblast di Yaroslavl include il manoscritto intitolato ‘Una Critica al Nuovo Libro del 1761 sulle Origini di Roma e sugli Atti di questa Nazione delle Monarchie’. Contiene 47 pagine in cui anche il retro è coperto di scritte, cioè 94 pagg.. . . Il retro dell’ultimo foglio dice: ‘Critica di Pjotr Nikiforov della famiglia Krekshin. 30 Settembre 1762, S. Pietroburgo’” ([238], pag. 117). Il numero dell’articolo della cronaca nell’Archivio di Stato dell’Oblast di Yaroslavl è il 43 (431); vedi [238],

P. N. Krekshin (1684-1763) era un importante funzionario governativo dell’epoca di Pietro il Grande. In particolare, “teneva il giornale di Pietro il Grande e aveva classificato le carte dello Zar dopo la morte di Pietro” ( [238], pag. 1 19). Aveva fatto anche la supervisione dei lavori a Kronstadt ([238], pag. 117). “Krekshin andò in pensione nel 1726, dopo la morte di Pietro, e cominciò a scrivere i suoi lavori di storia, principalmente sulla storia russa” ([238], pag. 118). Le opere storiche di P. N. Krekshin furono utilizzate da famosi storici russi come V. O. Klyuchevskiy, I. I. Boltin, M. M. Shcherbatov e V. N. Tatishchev ([238], pag. 118).

Dopo la morte di Krekshin, l’Imperatrice Caterina la Grande chiese “di vedere alcune di queste cronache, come anche le carte che erano appartenute a Krekshin, che aveva studiato con grande interesse; decise di tenere alcune di queste a sua disposizione” ([238], pag. 119).

Tutto ciò dimostra come Krekshin fosse una figura piuttosto prominente in quell’epoca e i suoi lavori storici fossero seguiti con grande interesse. L’intero archivio di Krekshin fu comprato nel 1791, dopo la sua morte, dal conte A. I. Moussin-Pushkin, un famoso collezionista” ([238], pag. 118).

Cosa scrive Krekshin nella sua critica al “Nuovo Libro del 1761 sulle origini di Roma”? Bisogna sottolineare che il libro dello storico francese C. Rolain, fu uno dei primi libri sulla nuova storia scaligeriana pubblicati in Russia. Viene riportato che “i lavori di Rolain e Crevier erano stati i primi libri sulla storia antica” ([238], pag. 119).

La Dementieva ci dice più avanti che “i primi disaccordi tra P. N. Krekshin e C. Rolain avevano riguardato l’affermazione di quest’ultimo sulla invincibilità di Roma… La critica cita una grande quantità di fonti: Giuseppe Flavio, Plinio, Tacito, Ovidio, Plutarco Strabone ed Erodoto come anche la ‘Cronaca Babilonese’ di Beros e così via. . . Quale nazione aveva conquistato Roma, facendo tremare i suoi eserciti e gli imperatori? Krekshin... afferma che i Romani erano sempre stati sconfitti dagli Slavi, o Russi. Le sue postulazioni sono le seguenti:

‘ Gli Slavi sono conosciuti come Moscoviti (dopo il Principe Mosokh)’,

‘ I Russi (‘chiamati così dopo il ‘Principe Ross’),

‘ La stessa nazione è conosciuta come Sciti, chiamati così dopo il Principe Skip’

‘ Sotto il principe Sarmat erano conosciuti come Sarmati’,

‘ La stessa nazione è conosciuta come i Goti (dopo il Principe Gott)’,

‘ I Vandali sono la stessa nazione’,

‘ Come i Variaghi’,

‘anche altri nomi venivano usati e tutti questi nomi venivano identificati come la Nazione Slava Russa descritta sopra’,

‘Il rendiconto delle sconfitte di Roma è il seguente: ‘Nel regno di Cesare Augusto, i Goti Slavi devastarono le province vicine dell’Impero Romano’,

‘Attila, Zar degli Unni, conosciuto come il Flagello di Dio, dalla terra di Russia. . .’,

‘Odoacre, lo Zar Russo, prese il controllo dell’Italia’ ecc” ([238], pag. 120).

Di base, Krekshin conferma pienamente la nostra ricostruzione storica, sia russa che internazionale, a dispetto del fatto che egli usa le erronee date scaligeriane. Comunque, Krekshin non ha familiarità con la versione milleriana e romanoviana della storia russa, poiché la sua critica era ancora all'inizio in quel periodo. La storia di Miller e dei Romanov vieta decisamente ogni accenno al fatto che “l'antica” Roma, o la Russia come Orda nel XIV-XVI secolo, fosse esistita simultaneamente con il Regno Moscovita dei Russi nel Medio Evo. Tuttavia, questa regola non si applica a Krekshin, a dispetto del fatto che gli fosse già stata insegnata la cronologia scaligeriana; è per questo che la storia russa viene allungata nella remota “antichità”.

Tutto ciò potrebbe essere visto come nient’altro che un’opinione personale di Krekshin, una pia illusione, un’incapacità di afferrare alcuni dettagli e così via? Dopo tutto, l’opinione delle persone varia. Non è così, la Dementieva riporta il fatto più sorprendente. Evidentemente, “La conoscenza di Krekshin della storia antica corrisponde al livello generale di conoscenza dell’epoca. . . gli studi antichi, come disciplina della scienza storica russa, sono iniziati solo dalla fine del XVIII secolo” ([238], pag. 121). Evidentemente, gli studi sono stati condotti anche prima, ma non erano abbastanza “scientifici”. È evidente che il termine “scientifico” viene usato dagli storici moderni come riferimento ai lavori della scuola milleriana e scaligeriana.

La Dementieva si chiede retoricamente se la critica di Krekshin “riflettesse il livello di conoscenza storica della metà del XVIII secolo”, e risponde che “certamente lo era” ([238], pag. 121). In altre parole, le idee di Krekshin erano generalmente condivise dalle parti più colte della società russa.

Vediamo che fino alla fine del XVIII secolo, i russi avevano aderito alla versione della storia russa riportata da Krekshin. Questo è in perfetta concorrenza con la nostra ricostruzione. È solo dalla fine del XVIII secolo che la versione scaligeriana e milleriana divenne consensuale anche in Russia, e pure dopo un certo sforzo a quanto pare.

Oggi, la versione milleriana e romanoviana del XVIII secolo è già trattata come l’unica possibile; si presume sia esistita da tempo immemorabile, come un comune e ovvio sistema cronologico. É evidente che ogni frammento di informazione che la contraddice, viene automaticamente dichiarato assurdo.

Tuttavia, la storia è una scienza e non c’è spazio per il dogma. Ogni postulato scientifico richiede prove, o almeno una convalida se il problema è troppo complesso. Se la società russa avesse avuto una nozione completamente differente della storia a metà del XVIII secolo, che argomentazione avrebbero portato gli storici moderni per provare che i russi del XVIII secolo avevano “completamente sbagliato” a capire la loro stessa storia? Il presunto “concetto assurdo della storia russa” a cui aderirono i russi colti nel XVIII secolo, appare veramente poco plausibile.

La ricerca cronologica moderna ci porta ad un’altra ricostruzione delle dispute dimenticate del XVIII secolo, vinte dalla scuola scaligeriana e milleriana. Comunque, oggi si scopre che che la versione consensuale contiene enormi contraddizioni: ci sono errori dappertutto. Dall’altra parte si scopre che il concetto russo di storia nella sua forma del XVII-XVIII secolo, che era stato brutalmente soppresso per introdurre la storia scaligeriana, è spesso corretto.

 

 

31. La veemente opposizione incontrata da coloro che proponevano la storia di Miller e dei Romanov nel XVIII secolo. Lomonosov e Miller.

 

Nel Capitolo 1 di Cronologia4 sottolineiamo il fatto sorprendente che la versione consensuale della storia russa sia stata creata nel XVIII secolo, ed esclusivamente da stranieri, cioè i tedeschi Miller, Bayer, Schlezer ecc. Ci si può naturalmente chiedere che ne è stato degli scienziati russi e che parte abbiano preso in questo processo. Come è stato possibile che la parte istruita della società russa abbia permesso una simile ed evidente intrusione in una faccenda così importante per la scienza e la cultura della Russia, come la sua stessa storia? Ovviamente, uno straniero dovrebbe avere maggiori difficoltà a studiare la storia russa, di un russo.

Perciò, sarà utile rimuovere il velo dalla quasi dimenticata storia dei violenti conflitti tra gli accademici del XVIII secolo, impegnati nello studio della storia russa. Prendiamo un libro di M. T. Belyavskiy intitolato ‘M. V. Lomonosov e la Fondazione dell’Università di Mosca’, pubblicato dalla Università Statale di Mosca nel 1955, per commemorare il suo 200° anniversario, e difficile da trovare di questi tempi ([60]). Si scopre che la battaglia per la storia della Russia è stata una delle più importanti nel corso delle lotte per il diritto della società russa ad avere nel XVIII secolo una propria scienza, che si trovava in pericolo mortale. Gli scienziati russi erano guidati da M. V. Lomonosov (vedi fig. 14.144). I loro oppositori stranieri, impazienti di sopprimere la scuola scientifica russa e con il supporto diretto della corte imperiale dei Romanov, erano guidati dallo storico Miller, il cui ritratto è visibile nel Capitolo 1 di Cronologia1.

Mikhail Vasilyevich Lomonosov.
Figura 14.144.
Un ritratto di Mikhail Vasilyevich Lomonosov.
Tratto da [60], pagina 3.

Nel 1749-1750, Lomonosov si oppose alla versione della storia russa che veniva preparata da Miller e Bayer alla luce del sole ([60], pag. 60). Criticò le appena pubblicate dissertazioni di Miller, intitolate “Sulle Origini della Nazione Russa e del suo Nome”. Lomonosov fece il seguente corrosivo commento, a proposito dei lavori di Miller sulla storia della Russia: “Credo che assomiglia parecchio a un sacerdote pagano che va in trance bruciando erbe intossicanti e girando intorno su una gamba sola facendo oscure, inintelligibili, sospette e assolutamente assurde interpretazioni” (citazione secondo [60], pag. 60). È così che ebbe inizio la guerra senza limiti per la storia della Russia.

“Questo è il tempo in cui problemi storici, per Lomonosov, diventano altrettanto importanti come i suoi naturali studi scientifici. In più, alla metà del 1700, gli studi umanistici diventarono la croce degli studi di Lomonosov, con un’enfasi sulla storia. È persino costretto di abbandonare le sue responsabilità come professore di chimica… nella sua corrispondenza con Shouvalov si riferisce al suo lavoro intitolato ‘Sugli Impostori e Ammutinati tra i Reali Tiratori Scelti’, ‘Sullo stato degli affari in Russia durante il regno dello Zar Mikhail Fyodorovich’, ‘Un breve resoconto degli atti dello Zar’ [Pietro il Grande - M. B.] e ‘Note sugli atti del Monarca’. Comunque, né questi lavori, né i numerosi documenti che Lomonosov intendeva pubblicare come appendici, né i materiali delle ricerche preliminari, né i manoscritti della seconda e terza parte del primo volume [del lavoro di Lomonosov sotto il titolo di ‘L’Antica Storia della Russia’ - Aut.], sono arrivati fino a noi. Sono stati confiscati e sono scomparsi senza lasciare traccia” ([60], pag. 63).

La prima parte di ‘Antica Storia della Russia’ venne nonostante ciò pubblicata, anche se la storia della sua pubblicazione è bizzarra al massimo: “La pubblicazione venne rallentata in diversi modi. Cominciò nel 1758; tuttavia il libro uscì solo dopo la morte di Lomonosov” ([60], pag. 63). Almeno sette anni dopo, nientemeno, poiché Lomonosov morì nel 1765. Considerando i violenti conflitti intorno al problema, è probabile che il libro uscito sotto il nome di Lomonosov, abbia poco in comune col lavoro originale. Nel migliore dei casi fu pesantemente corretto e purgato se non riscritto di nuovo. Questo è ciò che probabilmente è accaduto, poiché è successo così anche con i lavori dello storico russo Tatishchev, nello stesso periodo, vedi Cronologia4, Capitolo 1. In quel caso i lavori furono pubblicati da Miller dopo la morte di Tatishchev e basati sui misteriosi “appunti” di quest’ultimo. L’originale del lavoro di Tatishchev scomparve senza lasciare traccia. Chi avrebbe potuto impedire al vittorioso Miller di pubblicare una versione distorta dei lavori di Lomonosov se i Romanov gli avevano dato il controllo totale sulla storia russa? Si può dire che lo stesso metodo di pubblicare “amorevolmente” i lavori di un oppositore, dopo la sua morte, è molto caratteristico per le battaglie combattute sulla storia russa in quell’epoca, e per niente un’astratta questione accademica. I Romanov avevano bisogno di una versione distorta della storia russa, come pure i monarchi dell’Europa Occidentale. La pubblicazione dei lavori di Tatishchev e Lomonosov sulla storia russa conosciuti oggi, è molto probabilmente un falso, vedi di seguito.

Torniamo ai primi stadi dell’opposizione tra Lomonosov e Miller. Gli storici tedeschi decisero di espellere Lomonosov e i suoi sostenitori dall’Accademia delle Scienze. Questa ‘attività scientifica’ fu condotta sia in Russia che all’estero, poiché Lomonosov era conosciuto internazionalmente. Furono usati tutti i modi possibili per compromettere la reputazione dello scienziato e i suoi lavori, non solo quelli storici, ma anche quelli riguardanti le scienze naturali, dove la sua autorità era immensa (in particolare, Lomonosov era stato membro di numerose accademie estere: l’Accademia di Svezia dal 1756 e l’Accademia di Bologna dal 1764” ([60], pag. 94).

“In Germania, Miller istigava discorsi pubblici contro le scoperte fatte da Lomonosov, chiedendo che quest’ultimo venisse espulso dall’Accademia” ([60], pag. 61). Non ebbe successo; comunque, gli oppositori di Lomonosov si sbrigarono perché Schlezer fosse nominato Accademico della Storia Russa ([60], pag. 64). “Schlezer avrebbe definito Lomonosov... un ignorante totale che non sapeva nulla tranne quello che stava scritto nelle sue cronache” ([60], pag. 64). Lomonosov fu accusato, nientemeno, di essere esperto di cronache russe!

“A dispetto delle obiezioni di Lomonosov, Caterina II nominò Schlezer accademico. Così, non solo ottenne il pieno controllo su tutti i documenti tenuti nell’Accademia, ma aveva anche il diritto di richiedere qualsiasi documento avesse voluto per la Biblioteca Imperiale e le altre istituzioni. Un altro diritto che spettava a Schlezer era quello di presentare direttamente a Caterina i suoi lavori… dopo questa nomina, Lomonosov scrisse quanto segue in un amaro e rabbioso “memorandum”, che accidentalmente sfuggì alla confisca: ‘Non c’è più nulla da salvare. Il pazzo Schlezer ha accesso a ogni cosa. Non c’è più nulla di segreto nella Libreria Nazionale Russa’” ([60], pag. 65).

Miller e la sua cerchia avevano il pieno controllo sia dell’Università di S. Pietroburgo, che del ginnasio che preparava gli studenti universitari. Alla presidenza del ginnasio andarono Miller, Bayer e Fisher ([60], pag. 77). “Gli insegnanti del ginnasio non parlano russo… gli studenti non parlano tedesco. Tutti gli studi venivano condotti esclusivamente in latino. Nei suoi trent’anni di esistenza (1726-1755), il ginnasio non ha preparato un solo studente universitario” (ibid). Questo ha portato alla affermazione che “l’unica soluzione fosse quella di portare gli studenti in Germania, poiché si presume che i russi fossero incapaci di imparare” (ibid). Davvero un paese selvaggio e illetterato.

“Lomonosov si trovò nel mezzo della battaglia. A. K. Nartov, un importante ingegnere russo che aveva lavorato all’Accademia, presentò una protesta ufficiale al Senato, firmata anche dagli studenti russi, dai traduttori e dagli addetti alla cancelleria e anche dall’astronomo Delisle. Il loro obiettivo era cristallino: impedire che l’Accademia delle Scienze Russa fosse russa solo nominalmente... La commissione riunita dal Senato per studiare le accuse fatte dai docenti, finì per avere il Principe Yousoupov come presidente… La commissione decise che A. Nartov, I. V. Gorlitskiy, P. Shishkaryov, V. Nosov, A. Polyakov, M. Kovrin, Lebedev e i loro sostenitori non erano altro che... ‘hoi polloi (una teppa) abbastanza sfacciata da ribellarsi contro i propri superiori’” ([60], pag. 82).

Bisogna dire che Nartov era un importante specialista nel suo campo, “creatore del primo supporto meccanico, un invenzione che avrebbe rivoluzionato l’ingegneria” ([60], pag. 83). “Nartov era un importante ingegnere russo e un inventore. Il suo nome è associato con le più rivoluzionarie invenzioni dell’ingegneria civile e militare… nel 1741 Nartov inventò una batteria di cannoni ad alta velocità, che è conservata nel Museo Storico dell’Artiglieria di S. Pietroburgo. Consiste di 44 piccoli mortai… I mortai avrebbero sparato l’uno dopo l’altro, non appena la fiamma di una traccia di polvere da sparo o una corda accesa avesse raggiunto la miccia” ([264], Libro 2, pag. 700).

A. K. Nartov, intorno al 1725
Figura 14.145.
A. K. Nartov, intorno al 1725.
Tratto da [264], Libro 2, pagina 699.

Un ritratto di A K. Nartov è visibile nella fig. 14.145, mentre il suo cannone ad alta velocità nella fig. 14.146.

Gli scienziati russi scrissero al Senato: “Abbiamo provato le accuse per i primi otto punti e proveremo anche le rimanenti trenta, se avremo accesso agli archivi” ( [60] , pag. 82). “Comunque… furono arrestati per ‘ostinata resistenza’ e ‘insulto alla commissione’. Alcuni di loro furono incatenati e incarcerati, rifiutandosi di ritrattare le accuse dopo due anni in quelle condizioni. Il verdetto della commissione fu nient'altro che un'atrocità insopportabile: Schumacher e Taubert furono decorati, Gorlitskiy fu giustiziato, Grekov, Polyakov e Nosov furono brutalmente frustati ed esiliati in Siberia, mentre Popov, Shishkaryov e gli altri rimasero agli arresti fino alla soluzione della questione da parte del successivo presidente dell’Accademia.

Formalmente, Lomonosov non fu incluso nel gruppo degli scienziati che avevano firmato una protesta contro Schumacher; comunque, il suo comportamento durante il processo dimostra che Miller si sbagliava di poco con l’affermazione che ‘il professore aggiunto Lomonosov fosse tra i miscredenti che avevano firmato la protesta contro il membro del Consiglio Schumacher, e istigato la creazione di un comitato per l’azione penale’. Lamanskiy, il quale sostenne che la protesta fosse stata scritta per la maggior parte da Lomonosov, affermava qualcosa di probabilmente vero. Lomonosov restò un appassionato sostenitore di Nartov per tutto il periodo in cui la commissione fu attiva... È questa la ragione per i suoi scontri violenti con alcuni dei più operosi leccapiedi di Schumacher, come Winzheim, Truscott e Miller, come pure l’intera conferenza accademica… la commissione era furiosa per il comportamento di Lomonosov e lo arrestò... Il rapporto della commissione che fu presentato a Elisabetta, a stento cita Schumacher; i suoi leitmotiv sono l’ ‘ignoranza e incapacità’ di Nartov e il ‘comportamento offensivo’ di Lomonosov. La commissione dichiarò che Lomonosov doveva essere punito con la morte, o almeno frustato, annullati i suoi diritti e confiscate le sue proprietà per ‘i numerosi scortesi, disonorati e vili atti contro l’accademia, la commissione e la terra tedesca’. Lomonosov attese il verdetto per sette mesi, sotto arresto... L’editto di Elisabetta lo considerò colpevole; comunque, fu ‘dispensato dalla punizione’ per aver ‘imparato la lezione’. Tuttavia, il suo salario fu dimezzato e fu costretto a chiedere scusa ai professori per la sua ‘mostruosa sfacciataggine’... Miller scrisse una sarcastica ‘Nota di Apologia’, che Lomonosov fu costretto a leggere e firmare in pubblico. . . Questa fu la prima e unica volta in cui Lomonosov fu costretto a ritrattare le sue posizioni in pubblico” ([60], pagg. 82-84).


Figura 14.146.
Il cannone a batteria a fuoco rapido di A. K. Nartov.

La lotta continuò fino alla morte di Lomonosov. “Grazie agli sforzi di Lomonosov, presso l’accademia apparvero molti accademici russi e professori aggiunti” ([60], pag. 90). Comunque, “nel 1763, dopo la delazione fatta da Taubert, Miller, Schtelin, Epinous et al, Caterina espulse totalmente Lomonosov dall’Accademia” ([60], pag. 94). Tuttavia, l’editto sulla sua espulsione fu presto revocato per la popolarità di Lomonosov in Russia e il riconoscimento del suo lavoro da parte degli accademici stranieri (ibid). Ciò nonostante, Lomonosov fu sollevato dall’incarico di capo del Dipartimento di Geografia e rimpiazzato da Miller. Ci fu anche un tentativo di “trasferire tutti i materiali di Lomonosov sul linguaggio e la storia, a Schlezer” (ibid).

Quest’ultimo frammento di informazione è davvero è molto significativo. Se ci sono stati tentativi di entrare in possesso degli archivi di Lomonosov da vivo, il destino di questa unica collezione dopo la sua morte deve essere stato sigillato. Come ci si può aspettare, l’archivio di Lomonosov fu immediatamente confiscato alla sua morte e scomparve senza lasciare traccia. “L’archivio di Lomonosov, confiscato da Caterina II, è andato perso per sempre. Il giorno dopo la sua morte, la libreria di Lomonosov e tutte le sue carte furono raccolte dal Conte Orlov per ordine di Caterina e trasferite a palazzo da dove sparirono nel nulla” ([60], pag. 20). È sopravvissuta una lettera di Taubert a Miller, nella quale “Taubert riporta la morte di Lomonosov senza nascondere la sua gioia e dicendo anche: ‘Il giorno successivo alla sua morte il Conte Orlov ordinò di sigillare le porte del suo studio. Sicuramente contiene carte che si vuole evitare che cadano nelle mani sbagliate’” (ibid).

Evidentemente, Miller e Schlezer, i “creatori della storia russa” cercarono di mettere le mani sugli archivi di Lomonosov. Il risultato, naturalmente, fu che gli archivi scomparvero. Comunque, sette anni dopo, il lavoro di Lomonosov sulla storia russa venne pubblicato, ovviamente sotto il controllo totale di Miller e Schlezer, e solo il primo volume, che deve essere stato riscritto da Miller nella giusta maniera. Gli altri volumi sono “scomparsi”, evidentemente erano troppo complessi da rielaborare. Così, successe che il “lavoro di Lomonosov sulla storia” che abbiamo a nostra disposizione oggi è, stranamente e misteriosamente completamente corrispondente alla versione della storia di Miller. C’è da chiedersi perché Lomonosov avesse bisogno di discutere con Miller con una simile passione e per così tanti anni, accusandolo di falsificare la storia russa ([60], pag. 62), quando è completamente d'accordo con Miller in ogni passo del libro, che si presume abbia pubblicato lui stesso, ossequentemente d'accordo con il tedesco per tutto il testo.

La nostra opinione è questa. Il libro che venne pubblicato a nome di Lomonosov non ha nulla in comune con quello da lui realmente scritto. Bisogna pensare che Miller ebbe un gran piacere a riscrivere il primo volume dopo la morte di Lomonosov, “preparandolo diligentemente per la pubblicazione”, e distruggendo il resto. Si potrebbe pensare che ci fossero numerosi fatti raccontati nell’originale, qualcosa che né Miller, né Schlezer, né alcun altro “storico russo” avrebbe sopportato di veder pubblicare.