Сronologia 4

testo tradotto in italiano da Claudio dell'Orda

This Italian translation of the fragments of the 4-st volume by Anatoly Fomenko was done by Claudio dell'Orda from the English edition: 
A. T. Fomenko, T. N. Fomenko, V. V. Kalashnikov, G. V. Nosovskiy
History: " Fiction or Science?"
THE CHRONOLOGY OF RUSSIAN HISTORY.
NEW CHRONOLOGY AND CONCEPTION OF BRITISH HISTORY. ENGLAND AND RUSSIA (OR THE HORDE).
THE CHRONOLOGY AND GENERAL CONCEPTION OF ROMAN AND BYZANTINE HISTORY

Capitolo 14: Informazioni varie.

 

14. L’odierna localizzazione di Astrakhan non è la stessa dell’antica Astrakhan tartara, che a quanto pare è stata rasa al suolo dai Romanov.

 


Figura 14.64.
Una veduta della cittadella di Astrakhan e del Byeliy Gorod
su un'antica incisione del XVII secolo dal libro di A. Olearius.
Tratto da [190], pagina 91; vedere anche [615].

Prendiamo in considerazione il testo La Costruzione delle Città nello Stato Moscovita del XVI-XVII secolo ([190]). In particolare, questo libro riporta la storia di Astrakhan. Abbiamo scoperto un fatto sorprendente, sconosciuto al grande pubblico. L’antica città di Astrakhan (prima conosciuta come Tsitrakhan Tartara) è stata un’importante città commerciale sulla riva destra del Volga ([190], pag. 87). “Nel XV secolo, la localizzazione della città all’incrocio tra le rotte commerciali nautiche e le strade per le carovane, fece crescere Astrakhan fino a farla diventare un centro di grande rilevanza” ([190], pag. 87). L'odierna città di Astrakhan, che si suppone sia l'erede dell’Astrakhan tartara, si presume che si trovi nello stesso posto della sua predecessora storica. E invece no. L'odierna Astrakhan sta a nove verste (10 km) più giù sul Volga; inoltre si trova sulla riva sinistra del fiume e non sulla destra. Come mai? Quand’è che i tartari la spostarono dall’altra parte del Volga, trasformandola nell'Astrakhan russa, e come successe? La storia di questo spostamento è assolutamente sorprendente e rivela alcuni fatti storici interessanti.

Si presume che nel 1556, le truppe russe abbiano preso d’assalto la città tartara di Astrakhan. La versione romanoviana della storia russa suggerisce che Astrakhan fu quindi unita al Regno di Mosca. Si presume che il capo militare I. S. Cheremisinov, “avesse difficoltà a controllare una città che si trovava al centro della steppa aperta” ([190], pag. 87). Ci si potrebbe chiedere come abbiano fatto i tartari, che avevano tenuto la città per secoli. Cheremisinov fece accordi con le autorità moscovite, per trasferire la città dalla posizione attuale all’altra sponda del Volga e nove verste più in giù. Nel 1558, venne eretta una cittadella, e dopo poco tempo, tutt'intorno fu costruita la città che venne chiamata anch'essa Astrakhan. Inoltre, ci viene detto che dopo che Cheremisinov si era sistemato sul nuovo sito, “diede ordine perché l’intera Tsitrakhan Tartara fosse demolita” ([190], pag. 87).

E così, la città di Astrakhan Tartara fu semplicemente demolita. Il nome fu utilizzato per riferirsi a una nuova città costruita in un altro luogo. Ci si potrebbe chiedere se questi eventi potrebbero davvero essere avvenuti nel XVI secolo, e non nel XVII, quando i Romanov stavano riscrivendo la storia e distruggendo tutti coloro che, in un modo o nell'altro, si identificavano con l’Orda. L’episodio di Astrakhan rivela la scala delle loro attività. Come si può ben vedere, non vennero distrutti solo gli affreschi nelle antiche cattedrali del Cremlino, i Romanov distrussero intere città senza fermarsi davanti a nulla.

Nella fig. 14.64 si vede il disegno della Cittadella e il Castello Bianco di Astrakhan realizzato nel XVII secolo da A. Olearius.

 

 

15. Le ragioni per cui l’amministrazione dei Romanov avrebbe distrutto centinaia di mappe compilate dal cartografo russo Ivan Kirillov.

 

Ci si potrebbe domandare se il nome di Ivan Kirillov, il cartografo russo del XVIII secolo, sia oggi conosciuto da qualcuno. È molto improbabile. Tuttavia, è molto opportuno citarlo qui, per via di certi fatti piuttosto inaspettati che riguardano sia lui che la storia della Russia. Il destino delle mappe compilate da Ivan Kirillov è piuttosto illustrativo e solo oggi possiamo cominciare a comprenderne il reale significato. Utilizzeremo i riferimenti a Kirillov contenuti nel volume fondamentale ([1459]).

Questo libro descrive 282 carte medievali dall’esposizione del 1952 (Baltimore Museum of Art, USA), molte delle quali sono state anche fotografate.

Tra le altre, esposta alla mostra, c’era una carta russa di Ivan Kirillov: “Imperii Russici tabula generalis quo ad fieri potuit accuratissime descripta opera e studio Inoannis Kyrillow. Supremi Senatus Imperii Russici Primi Secretarii Petropoli. Anno MDCCXXXIV. S. Pietroburgo, 1734”.

È notevole che la mappa in questione non sia stata riprodotta da nessuna parte in [1459]. Questo fatto da solo, potrebbe non essere di grande rilievo, poiché il libro ([1459] ) non riproduce tutte le carte che descrive, solo 59 su 282 sono corredate di fotografie. Tuttavia la storia di questa carta è così strana che la sua assenza in [1459] diventa notevole; una mappa del genere sarebbe stata assolutamente da pubblicare. Spiegheremo il perché non è stato fatto.

Gli autori americani e gli organizzatori della mostra, riportano i seguenti fatti sorprendenti circa la carta in questione: “Questa è la prima carta generale della Russia che sia stata incisa e stampata, ma evidentemente bandita. Ivan Kirillov... fece carriera nella Cancelleria di Stato, dove occupava la posizione di esperto in ricognizione terrestre [topografica]. Quando Pietro il Grande decise di compilare una mappa esaustiva dei suoi domini, mise Kirillov a capo del progetto. Quest’ultimo scoprì presto che il personale che lo circondava era stato reclutato all’estero (Francia e Germania), per quanto riguarda le conoscenze di astronomia e l’abilità di applicarla alle descrizioni geodesiche. A causa della resistenza del governo che le sue mappe invariabilmente incontravano, e al fatto che le autorità favorivano chiaramente gli stranieri, Kirillov dovette essere particolarmente insistente sulla compilazione e la pubblicazione di una dettagliata serie di carte. Il lavoro completo conteneva tre volumi di 120 pagine ciascuno e includeva la suddetta carta generale dell’impero. L’Accademia Imperiale bandì l’atlante di Kirillov, facendo misteriosamente sparire le lastre da stampa e pubblicando un proprio atlante nel 1745. . . Solo due copie dell’atlante di Kirillov sono conosciute, e una di loro con dei difetti. Tutte le stampe fatte dalle lastre originali, sono estremamente rare” ([1459], pag. 174).

Nella sezione successiva gli autori di [1459] descrivono l’atlante pubblicato dall’Accademia Imperiale, facendo il seguente commento soddisfatto: “Sebbene questo atlante non sia il primo atlante russo venuto alla luce, è molto più esaustivo e scientificamente accurato dell’atlante di Ivan Kirillov” ([1459], pag. 175). Questo “atlante ufficiale romanoviano” fu pubblicato nel 1745, undici anni dopo di quello di Kirillov: più di un decennio di duro lavoro.


Figura 14.65.
Mappa attribuita al cartografo russo Ivan Kirillov intitolata “La mappa generale dell'Impero russo”.
Oggi ci viene presentata come un originale del 1734. Tratta da [1160], pagina 217.



Figura 14.65a.
Mappa attribuita al cartografo russo Ivan Kirillov intitolata “La mappa generale dell'Impero russo”.
Oggi ci viene presentata come un originale del 1734, ma allo stesso tempo aggiungono “versione a colori”. Tratta da [1160], pagina 217.

Non abbiamo visto tutte le mappe sopravvissute di Ivan Kirillov, e perciò non possiamo giudicare la loro qualità o le “inaccuratezze scientifiche” che si presume vi siano contenute. La maliziosa espressione “inaccuratezze”, molto probabilmente indica che l’atlante di Kirillov aveva conservato qualche traccia geografica del Grande Impero “Mongolo”, che avrebbe ostacolato gli storici romanoviani nell’erigere il loro edificio di “storia autorizzata” . Questa strana distruzione porta ad alcune riflessioni. Ad ogni modo, è ovvio che le 360 carte fatte da Ivan Kirillov, devono aver realmente irritato i cartografi stranieri e quelli imperiali dei Romanov, poiché il suo intero volume di lavoro è stato cancellato. Stavano forse cancellando le ultime tracce della Russia e dell’Orda?

Le ragioni sono perfettamente chiare. Le carte avevano descritto esplicitamente la Tartaria Moscovita con capitale a Tobolsk, per cui i Romanov vollero eliminare ogni possibilità di pubblicazione di queste mappe. Secondo la nostra ricostruzione, la gigantesca Tartaria Moscovita era rimasta uno stato Russo indipendente, erede dell’Orda fino alla sconfitta di “Pougachev” e, oltretutto, uno stato ostile.

Si potrebbe segnalare come Ivan Kirillov non fosse affatto un oscuro cartografo. Occupava la posizione di Segretario Capo del Senato ([90], pag. 172), uno dei più alti uffici dell’amministrazione dei Romanov.

Gli storici riportano che nel 1727 “I. K. Kirillov divenne Segretario Capo del Senato e Segretario della Commissione per il Commercio, diventando perciò uno dei principali funzionari di governo in Russia... Possedeva conoscenze approfondite di geografia, matematica, fisica, storia e astronomia” ([90], pag. 202). Si può pensare che la decisione di distruggere il lavoro di tutta la sua vita, una collezione di 360 carte, abbia richiesto un ordine diretto della corte imperiale. Non si tratta certo di un caso di “negligenza” - i Romanov dovevano essere realmente turbati per qualcosa, poiché sono arrivati a distruggere persino le lastre da stampa.

L’autore moderno di [90] fa un accenno di passaggio alle 360 carte di Kirillov e al suo Atlante, quando ci parla delle opere russe di geografia; comunque sia, per qualche ragione si dimentica totalmente di dire che queste carte sono state distrutte dai Romanov a centinaia, e fa solo la prudente osservazione che “Kirillov intendeva pubblicare, o almeno si preparava alla pubblicazione, di 37 o più carte, 28 delle quali hanno raggiunto i nostri giorni” ([90], pag. 202). È ignaro della distruzione, riluttante a citarla o cerca di far credere che Kirillov “si è sforzato” di compilare queste carte, ma non è vissuto abbastanza.

Solo alcune copie stampate delle mappe dell’Atlante di Kirillov sono sopravvissute, per puro caso; tuttavia, oggi diventa assolutamente impossibile capire se siano davvero autentiche.

L’unica carta che possiamo vedere oggi ha il nome orgoglioso di “Mappa Generale dell’Impero Russo” e si presume sia l’originale del 1734 ( [ 1 160], pag. 217); vedi fig. 14.65 e 14.65a). Dubitiamo dell’autenticità, per la semplice ragione che tutti i nomi della mappa sono in latino, vedi fig. 14.66 (a parte le note esplicative in alto a sinistra e in basso a sinistra, che sono entrambe in russo).

I nostri oppositori potrebbero suggerire che i russi hanno sempre posseduto una mentalità servile, da cui il costume di utilizzare il latino per le mappe dell’Impero Russo disegnate per gli imperatori russi, che si dice avessero un grande timore dell’illuminata Europa e disprezzassero la loro lingua. Infatti, dopo l’usurpazione del trono russo da parte della dinastia filo-occidentale dei Romanov nel XVII secolo, la Russia cadde sotto una pesante influenza straniera (vedi i dettagli in Cronologia7). D’altra parte, la mappa del mondo compilata dal cartografo russo Vassily Kiprianov era stata fatta anch’essa per Pietro il Grande, e tutti i nomi sopra erano in russo ( [90], pag. 206-207). È quindi molto difficile che la Mappa Generale dell’Impero Russo di Kirillov, sia stata fatta in latino; il cartografo deve aver usato la lingua russa, Tuttavia, i falsari di un’epoca più recente, che hanno distrutto la carta autentica di Kirillov per nascondere tutte le tracce delle loro attività criminali, hanno semplicemente preso qualche mappa occidentale in latino e hanno dichiarato che l’aveva realizzata Kirillov.


Figura 14.66.
Ingrandimento di un frammento della “Mappa generale dell'Impero russo” (attribuita a Ivan Kirillov).
Tuttavia, tutti i nomi sulla mappa sono in latino e non in russo. Tratto da [1160], pagina 217.

Bisogna notare che lo stato della Tartaria Moscovita è completamente assente dalla Mappa Generale dell’Impero Russo con i nomi in latino, presumibilmente creata da Ivan Kirillov nel 1734: sulla carta, questo nome non c'é da nessuna parte (vedi fig. 14.65). Tuttavia, la mappa compilata dai cartografi dell’Enciclopedia Britannica nel 1771, 37 anni dopo la “Mappa di Kirillov”, non solo contiene una carta della Tartaria Moscovita con capitale a Tobolsk, ma dichiara anche che questo è il più grande stato al mondo. ([1118], Volume 2, pag. 683).

 

 

16. Gli abitanti di Novgorod portavano le trecce a prescindere dal sesso.

 

La famosa icona intitolata “La Gente di Novgorod che Prega” datata al XV secolo, raffigura un gran numero di persone di Novgorod, maschi e femmine, vestite con i tradizionali abiti russi. È piuttosto spettacolare il fatto che tutti loro portino i capelli riuniti in trecce (vedi fig. 14.67 e 14.68). Gli uomini sono disegnati con barba e capelli con le trecce; si vedono anche i nomi delle persone.

Questa icona ci dice inequivocabilmente che gli uomini e le donne russe portavano le trecce.

 


Figura 14.67.
Frammento di un'antica icona russa raffigurante
la popolazione di Novgorod.
Portano tutti i capelli in trecce.
Tratto da [636], risguardo.

Figura 14.68.
Ingrandimento del frammento precedente. Ioakov e Stefan di
Novgorod, con i capelli intrecciati.
I loro nomi sono scritti sull'icona.
Tratto da [636], risguardo.

 

17. Il testamento di Pietro il Grande.

 

Il testamento di Pietro il Grande non è sopravvissuto. Comunque, un documento chiamato “Il testamento di Pietro” è piuttosto famoso ed è stato pubblicato più volte in Europa Occidentale. Contiene il “Piano per Conquistare l’Europa e il Mondo Intero” e oggi si crede sia un evidente falso ([407], pag. 79). È descritto, ad esempio, approfonditamente in [407]. Tuttavia, l’opinione che sia un documento falso non è condivisa da tutti; secondo [407], alcuni ricercatori dell’Europa Occidentale (Francia, Polonia e Ungheria in particolare) non hanno alcun dubbio sull’autenticità dello stesso. “La popolarità del ‘Testamento’ all’estero contrasta con il totale silenzio tenuto dagli scienziati russi” ([407], pag. 82). “Una sinossi del ‘Testamento’ apparve solo nel 1875... Nel 1877 apparve la prima vasta ricerca pubblicata per provare che il ‘Testamento’ era un falso… Al momento il ‘Testamento’ viene visto dai più come una curiosità” ([407], pagg. 82, 84 e 85).

Nonostante ciò, molti diplomatici dell’Europa Occidentale hanno creduto che il ‘Testamento’ fosse un documento autentico. In più, è noto che la “leggenda del misterioso piano di espansione globale covato dalla Russia, risale al Regno di Pietro il Grande” ( [407], pag. 87).

Lo storico francese F. Colson, nel 1841 scrisse: “All’inizio del XVIII secolo Pietro il Grande smise di guardare la carta del mondo ed esclamò: Il Signore ha fatto solo la Russia!” È allora che concepì il grandioso piano che più tardi venne conosciuto come il suo testamento” ([407], pag. 82).

È ovvio che la versione moderna di Scaligero e dei Romanov, vede queste pretese di Pietro I come ridicole; dopo tutto, l’ignorante Russia stava emergendo da secoli di oscurità medievale e prendendo lezioni di vera guerra dagli Occidentali, dagli svedesi, per esempio, e anche in modo brutale, e poi, improvvisamente si scopre che “Il Signore ha fatto solo la Russia”. Come ha potuto Pietro venir fuori con una simile sciocchezza? Le considerazioni generali della storiografia scaligeriana rendono tutto ciò “un ovvio falso”.

Tuttavia, la nostra ricostruzione fa si che l’idea di Pietro non appaia così strana.

Dopo tutto, un secolo prima la Russia, ossia l'Orda, aveva davvero regnato sui paesi che Pietro desiderava conquistare nel suo testamento, autentico o no che sia. Sarebbe bizzarro che nessuno dei pensieri evocati nel testamento, non sia mai passato per la testa di Pietro. I Romanov intendevano rendere più sicura la loro posizione al centro del precedente Grande Impero Mongolo alla fine del XVII secolo, sebbene su un territorio relativamente piccolo. Era ovvio che considerassero il passo successivo, ossia la restaurazione dei precedenti confini dell’Impero. Proprio come ogni regnante che prenda il controllo di un impero precedentemente mondiale, ovviamente anche loro desideravano regnare su quei territori.

Questo non implica che il ‘Testamento’ attribuito a Pietro sia autentico; tuttavia, l’idea evocata nello scritto era davvero vitale per Pietro e non semplicemente l’invenzione di un imbroglione dei tempi andati. Sarà per questo che Pietro aveva ordinato di tradurre un libro di Mauro Orbini intitolato “Sull’espansione Slava...” che oggi viene semplicemente chiamato “Il Regno degli Slavi” ( [617], pag. 93). Una traduzione russa ridotta di questa opera fu edita a San Pietroburgo nel 1722. Il libro di Orbini parla della Grande Conquista “Mongola” dell’Europa e dell’Asia da parte degli Slavi, vedi Cronologia5.

 

 

18. La fondazione della maggior parte delle capitali europee: la cronologia.

 

18.1. La nostra ricostruzione: la maggior parte delle capitali euroasiatiche fu fondata dopo la Grande Conquista “Mongola” del XIV secolo.

Secondo la storia di Scaligero, molte delle odierne città, prime fra tutte le capitali delle nazioni, furono fondate come insediamenti coloniali "dell’antico” Impero Romano, migliaia di anni fa. Questo sembrerebbe perfettamente naturale; le autorità imperiali fondarono le proprie basi militari in lande selvagge; quindi, arrivava una guarnigione militare, seguita poi dai rappresentanti imperiali e dall’amministrazione locale. Questi insediamenti sarebbero poi cresciuti e sarebbero divenuti più grandi e importanti; ognuno di loro si sarebbe abituato alla propria posizione di potere e così, automaticamente, sarebbero divenute le capitali dei nuovi stati venuti alla luce come entità autonome dopo la frammentazione dell’Impero.

Secondo la Nuova Cronologia, l’immagine è corretta per grandi linee, ma richiede una concreta messa a punto cronologica. Come si comincia a capire, la vera colonizzazione dell’Europa incominciò con la Grande Conquista “Mongola”. Il centro del nuovo Grande Impero “Mongolo” era nella Russia di Vladimir e Suzdal, le cui capitali erano state, in momenti diversi, Yaroslavl = Novgorod la Grande, Kostroma, Vladimir e Suzdal; Mosca divenne capitale solo nella seconda metà del XVI secolo, vedi Cronologia6. Perciò, il passaggio di cui sopra della “colonizzazione dell’Europa, dell’Asia e di parte dell’Africa da parte degli Antichi Romani”, va applicato all’epoca che va dal XIV al XV secolo, cioè a quando il Grande Impero “Mongolo” creò un sistema di rotte commerciali che connettevano il centro dell’impero con le provincie lontane come la Cina, l’India, la Spagna, la Francia, l’Egitto. Le “antiche colonie romane” dell’Orda furono fondate nello stesso periodo, nel XIV-XV secolo. Alcune di loro divennero capitali di stati autonomi, che divennero indipendenti dal Grande Impero “Mongolo” nel XVII secolo.

Tuttavia, se la colonizzazione di Europa, Asia e Africa da parte dei “romani”, ossia dell’Orda, ebbe luogo in un’epoca relativamente recente e fu pianificata, la distribuzione di questi centri coloniali deve aver avuto una qualche regolarità. Proviamo a immaginare cosa avrebbe fatto uno zar o un khan per organizzare un governo di qualche tipo sui vasti territori che erano stati conquistati rapidamente ed efficacemente. Per esempio, alcuni di loro non erano assolutamente sviluppati secondo il libro i Mauro Orbini, ([617]; vedi anche Cronologia5).

Perciò, Orbini sostiene che l’esercito degli slavi arrivò inizialmente in Olanda, questa era priva di popolazione ([617]). È molto probabile che i centri locali dovessero essere distribuiti all’interno delle rotte commerciali imperiali; questo processo non poteva essere casuale e doveva rifarsi a uno schema di qualche tipo, un insediamento ogni mille verste, per esempio. Talvolta, il terreno avrebbe naturalmente ostacolato l’applicazione dello schema, ma sarebbe comunque stato compatibile con quello.


Figura 14.69.
La disposizione delle capitali locali rispetto alla capitale imperiale.
Tale disposizione concentrica dei centri provinciali collegati
tra loro da rotte commerciali, dovrebbe essere perfettamente
naturale per un impero fondato su un vasto
territorio precedentemente disabitato.

Perché venne introdotto questo schema? Prima di tutto perché avrebbe portato ordine nei commerci, con i corrieri postali e i vari servizi di trasporto. Il khan avrebbe saputo il tempo approssimativo che sarebbe intercorso tra l’emissione di un suo decreto dal centro dell’Impero e il suo arrivo nelle regioni limitrofe. Le grandi distanze sarebbero state misurate per unità fisse, in migliaia di verste, per esempio (1 versta = 1,06 km). I più vicini centri coloniali sarebbero stati a mille verste, i successivi a duemila verste dalla capitale e così via.

Questo sarebbe stato uno schema di espansione naturale, per un impero che intendeva conquistare un grande ammontare di territorio in un periodo di tempo relativamente breve. È così che si comportò “l'antica Roma” nella storiografia di Scaligero, ed è così che fece anche il Grande Impero “Mongolo”. L’Impero creò una rete di posti sulla carta geografica; le capitali locali sarebbero nate all’intersezione delle linee della rete, vedi fig. 14.69. È naturale che nel corso del tempo alcune siano state sostituite da nuove capitali, costruite più recentemente, in posti diversi e per considerazioni differenti. In più lo schema sarebbe stato, ovviamente, condizionato dalla geografia: mari, montagne, fiumi, paludi ecc. Costruire una rete di strade sul territorio, non sempre si conforma allo schema ideale.

Nonostante questo, è interessante verificare se sono rimaste tracce di questo schema ancora oggi. Se l’ipotesi sopra esposta fosse corretta, molte delle moderne capitali dovrebbero formare dei cerchi intorno all’antico centro (vedi fig. 14.69). La localizzazione di questo centro ci dirà anche dove si trovava la capitale dell’Impero che ha colonizzato l’intera Eurasia. Magari la Roma italiana? Solo i calcoli possono stabilirlo. Noi incominceremo da un’altra parte.

 


Figura 14.70.
Andrei Dionisovich Vinius (? - intorno al 1652).
Incisione di K. Vischer. 17° secolo. Museo Statale di Storia, Mosca.
La foto è stata scattata da A.T. Fomenko nel 2008.

18.2. La notevole tabella medievale delle distanze tra Mosca e le varie capitali.

 

Il libro intitolato “Ancient Engraved Maps and Plans of the XV-XVIII century” contiene un interessante capitolo intitolato “La Tavola delle Distanze tra Mosca e le varie Capitali”. Questa tabella viene normalmente associata al nome di Andrei Andreyevich Vinius (1641-1717), vedi Fig.14.70, che ebbe un ruolo importante nel periodo di transizione dalla fine del XVII agli inizi del XVIII secolo. Suo padre, Andrei Vinius, un olandese… arrivò in Russia durante il regno di Mikhail Fyodorovich... da giovane Andrei Andreyevich Vinius ricoprì il ruolo di traduttore dall’olandese per il Ministero degli Affari Esteri… È qui che compilò diversi almanacchi di opere laiche ed ecclesiastiche e disegnò carte... Vinius organizzò il sistema postale russo, divenne il Primo Ministro delle Comunicazioni, occupando questa posizione… per oltre un quarto di secolo” ([90], pag. 167). Perciò, Vinius era un importante funzionario governativo. Sotto Pietro il Grande, “Vinius aveva la carica di Ministro delle Apoteche e degli Affari Esteri, e nel 1697 fu messo a capo del Ministero degli Affari Siberiani” ([90], pag. 168).

Dobbiamo immediatamente segnalare che Vinius lavorò e visse nell’epoca del declino e della frammentazione del Grande Impero “Mongolo”. Rappresentava il sangue nuovo che rimpiazzava i ministri deposti che si rifacevano alla vecchia dinastia; molti dei nuovi arrivati erano stranieri. Vinius e quelli come lui, presero le cariche che erano appartenute ai ministri del Grande Impero “Mongolo” (nel suo caso particolare era Ministro degli Affari Esteri).


Figura 14.71.
Tabella delle distanze tra Mosca e le diverse capitali (nonché altre città importanti).
Compilata da A. A. Vinius nel XVII secolo, probabilmente sulla base della vecchia tabella delle distanze tra la capitale dell'Impero Mongolo e le capitali locali degli stati ad esso subordinati, un documento distrutto dai Romanov. Tratta da [90], pagina 167.

A quanto pare, Vinius compilò una tabella delle distanze tra Mosca e le varie capitali, come capo del Ministero. Tuttavia, si potrebbe pensare che fosse stato il primo ad avere l’idea di compilare questa tabella. Il suo titolo era: “Riassunto delle Distanze tra le Capitali degli Stati Gloriosi, Marittimi e Continentali, incluse le Isole e gli Stretti, Compilata in Accordo con l’Antica Descrizione Alfabetica delle Distanze Marittime e delle Altre Distanze Interne dello Stato Russo, Misurate dalla Capitale” ([90], pag. 166).

Il titolo stesso del libro implica che si sia basato su un lavoro precedente, un libro tenuto nel Ministero degli Affari Esteri, che deve essere stato usato a Mosca molto tempo prima di Vinius. Inutile dire che questo libro non esiste più, o almeno non ne conosciamo traccia ([90], pag. 166). È probabile che sia stato incenerito come molti altri documenti del Grande Impero "Mongolo", dopo l’usurpazione del potere da parte dei Romanov, ovvero la vittoria dell’ammutinamento della Riforma nell’Europa Occidentale, dove si stava riscrivendo e cancellando ogni traccia dell’Impero dell’Orda.

Il nome di questo vecchio libro imperiale, che non è sopravvissuto fino ai giorni nostri, rimarrà per noi un mistero; comunque, nella versione di Vinius, si presume si chiamasse “La Descrizione Alfabetica delle Distanze Marittime e le Altre Distanze entro lo Stato Russo, Misurate dalla Capitale” ([90], pagg. 166-167). Riportiamo la tavola nella fig. 14.71. Inoltre, nell’originale russo la parola “alfabetico” è scritta male, con la lettera russa per L sostituita da quella che sta per R, che è ancora un altro esempio di flessione, un tratto linguistico comune di quell’epoca.

A giudicare dal titolo di questa tabella, Vinius prese i suoi disegni da questo antico libro, che indicava le distanze da Mosca, Parigi, Baghdad, Vienna e Madrid ma anche dal Messico ([90], pagg. 167 e 169). Si potrebbe supporre che questo implichi che le antiche fonti russe considerassero il Messico come parte dell’Impero Russo? I moderni storici scaligeriani e romanoviani lo riterrebbero naturalmente assurdo; tuttavia, non c’è nulla di assurdo all’interno della nostra ricostruzione (vedi Cronologia6). Al contrario, l’opposto sarebbe curioso e cioè, che la distanza tra Mosca e il Messico non sia presente sulla tavola. Dopo tutto, anche il Messico doveva essere raggiungibile per i decreti che dovevano arrivare ai rappresentati locali dell’Orda, e permettere lo scambio della corrispondenza diplomatica.

Il riferimento al Messico nelle antiche fonti dell’Orda, turbò parecchio Vinius. Come poteva il Messico in America, appartenere alla Russia? Che relazioni commerciali potevano esserci tra la Russia e il lontano Messico nel XVI secolo? Questo già non era accettabile per la versione scaligeriana e romanoviana, che si stava creando a quel tempo. Vinius decise di pubblicare il testo. Evidentemente, la cosa più semplice sarebbe stato cancellare il Messico dalla lista, ma per qualche ragione, Vinius decise di lasciarla, aggiungendo solo (probabilmente sostituendo il testo precedente) che Messico era la capitale del “Regno Svedese”, vedi fig. 14.72. Eppure, gli Svedesi avevano già la loro capitale a Stoccolma (vedi fig. 14.73). Questo è noto a tutti; naturalmente anche l’antico libro dell’epoca dell’Orda, citava Stoccolma come la capitale del Regno Svedese. La tabella di Vinius finì per avere due capitali della Svezia: Stoccolma e Messico. Crediamo che questo sia il segno delle elaborazioni tendenziose di alcuni personaggi come Vinius, che cercavano di cancellare tutti i riferimenti al Grande Impero "Mongolo". Questa operazione non sempre aveva successo.

Un’altra eco della precedente geografia imperiale dei “Mongoli”, presentata dalla tabella delle distanze, è la seguente: la tavola di Vinius si riferisce al Mediterraneo come il Mare Bianco. Perciò la descrizione di Toledo in Spagna, contiene il seguente passaggio: “La grande città di Toledo alla congiunzione dell’Oceano con il Mare Bianco...” che può significare solo che, nei tempi antichi, il Mare Bianco era un altro nome per il Mare Mediterraneo. Questa identificazione è confermata anche in un altro punto della tabella, nel quale palesemente si localizza l’isola di Cipro nel Mare Bianco. È piuttosto interessante che il Mar Egeo, che fa parte del Mediterraneo, sia conosciuto come “Byalo More” (il Mare Bianco) in Bulgaro. Bagna le coste della Penisola Balcanica ovvero, probabilmente, la terra del Khan Bianco (“Byeliy Khan"). Inoltre, ricordiamo che “Ak Sha”, ossia “Zar Bianco”, è il titolo turco standard per lo Zar Russo. Vedi Fig. 14.74.


Figura 14.72.
Frammento della tabella di Vinius che raffigura "Città del Messico",
che è tuttavia denominata nientemeno che la capitale
del Regno Svedese.
Tratto da [90], pagina 167.

Figura 14.73.
Frammento della tabella di Vinius che raffigura Stoccolma,
detta anche capitale del Regno Svedese. Si presume quindi che,
per qualche motivo, la Svezia abbia avuto due capitali.
Tratto da [90], pagina 167.

Figura 14.74.
Frammento della tavola di Vinius con la descrizione della città di Toledo:
“La grande città di Toledo, dove l'Oceano si unisce al Mar Bianco,
tra le terre spagnole e la Francia”.
Il Mediterraneo viene esplicitamente chiamato Mar Bianco:
troviamo la Spagna all'incrocio tra l'Atlantico (l'Oceano) e il Mediterraneo.
Tratto da [90], pagina 167.

 

Ancora una volta vediamo che l’antica geografia imperiale dell’Orda, utilizzata nel XIV-XVI secolo, di tanto in tanto era significativamente differente da quella introdotta nell’epoca scaligeriana e romanoviana del XVII-XVIII secolo. Questa è un’altra traccia lasciata dall’editore tendenzioso, la cui attenzione non risparmiava né la storia antica, né la geografia.

Tuttavia, il fatto che troviamo più sorprendente è il seguente. La tavola di Vinius elenca le distanze tra Mosca e le succitate città e capitali; le distanze sono “date lungo le più importanti antiche strade commerciali” ([90], pag. 168). Perciò, tutte le distanze indicate nella tabella sono riportate in accordo con le vecchie strade commerciali che non erano sempre diritte, sebbene fossero normalmente disegnate e costruite per essere le più corte possibile, ossia diritte. Tutte le distanze della tabella sono date con una soglia di approssimazione di 100 verste. Le indicazioni in verste della tabella hanno valori di 4100, 6300, 2500, 2700, 2900 ecc. Perciò, una distribuzione casuale dovrebbe portare alla divisione in cifre divisibili per un migliaio, più o meno nel rapporto 1/10. La tabella contiene un totale di 56 distanze; perciò una distribuzione casuale dovrebbe far risultare cinque o sei città, le cui distanze fossero divisibili per mille. Qual è il risultato nella tabella di Vinius?

Si scopre che 22 figure su 56 contenute nella tabella, sono divisibili per mille, quasi la metà. Questo è impossibile da spiegare se le distanze fossero causali; questo fatto da solo rivela l’esistenza di uno schema nel posizionamento delle capitali. Si scopre che quasi la metà delle antiche grandi città europee, incluse le capitali, sono posizionate a distanze divisibili per mille verste da Mosca.

Crediamo che questo confermi la nostra ipotesi, che molte delle grandi città e capitali d’Europa e d’Asia furono fondate nel XIV secolo, costituendo la griglia di comunicazione del Grande Impero "Mongolo", ossia l'Orda, il cui centro si trovava intorno alle città di Vladimir o Suzdal.

Facciamo un elenco dei valori delle distanze il cui numero indicato nella tabella di Vinius sia divisibile per mille; questi valori corrispondono alle distanze radiali dal centro che si trova a Mosca.

1) Alessandria, 4000 verste.

2) Amsterdam, 3000 verste (via Arcangelo).

3) Anversa, 3000 verste (via Riga).

4) Bar (Berna? Barcellona? Beirut?), 3000 verste.

5) Varsavia, 1000 verste.

6) Vienna, 3000 verste (via Riga).

7) Venezia, 3000 verste (via Arcangelo, marittima).

8) Amburgo, 2000 verste (via Riga).

9) Georgia, 3000 verste.

10) Ginevra, 4000 verste.

11) Gerusalemme, 4000 verste. Non c’è l’indicazione di alcuna nazione di cui possa essere stata capitale la città.

12) L’isola di Candia nel Mare Bianco o Mediterraneo, 2000 verste. A proposito, il nome Candiano era incluso nella tide formulae degli Zar Russi ([162], pag. VII; anche [193], pag. 239).

13) Königsberg, ossia “La Città dello Zar nella Terra dei Prussiani”, 2000 verste (via Riga).

14) Lahore in Pakistan, 5000 verste. Il nome Pakistan potrebbe derivare da “pegiy stan”, o residenza dell’Orda Variopinta (Motley Horde), vedi Cronologia5.

15) Londra, 3000 verste (via Arcangelo).

16) Lubecca, 2000 verste (via Pskov).

17) Madrid, 4000 verste.

18) Parigi, 4000 verste.

19) Città dello Stretto (probabilmente Copenaghen, situata sopra diversi stretti), 3000 verste.

20) Stoccolma, 2000 verste.

21) Zar Grad (Costantinopoli), 2000 verste.

22) Stettino sull’Oder, 2000 verste.

 

 

18.3. Il cerchio delle capitali europee e il suo centro.

I nostri oppositori potrebbero voler suggerire che i calcoli di Vinius e dei suoi predecessori, siano obsoleti e che oggi niente del genere possa trovarsi su una carta. Le vecchie vie commerciali si suppone siano state dimenticate e la loro posizione sconosciuta. È impossibile verificare Vinius, figuriamoci la sua fonte antica. In più, Vinius aveva introdotto alcune sue correzioni, tipo piazzare il Messico in Svezia… che tipo strano.

Consideriamo quindi con un moderno mappamondo, un mappamondo e non una carta piatta che distorce le vere distanze. Segniamo quindi le moderne capitali europee ed asiatiche sul globo: Amman, Amsterdam, Ankara, Atene, Baghdad, Beirut, Belgrado, Berlino, Berna, Bratislava, Brussels, Budapest, Bucarest, Copenaghen, Damasco, Dublino, Ginevra, Helsinki, Istanbul, Gerusalemme, Kabul, Lisbona, London, Luxembourg, Madrid, Moscow, Nicosia, Oslo, Paris, Praga, Rome, Sofia, Stockholm, Tehran, Tirana, Vienna e Varsavia. Ora selezioniamo un punto a caso sul globo e lo sostituiremo misurando le distanze tra questo punto e le 37 capitali. Ci ritroveremo con 37 numeri. Sottolineiamo che le distanze vanno prese su un globo, il modello della superficie tellurica reale e non una carta piatta che le distorcerebbe.

Vediamo se il punto che abbiamo selezionato può essere il centro di qualche circonferenza che incroci approssimativamente le città menzionate (vedi fig. 14.69). Se non funziona sceglieremo un altro punto e poi un altro, fino ad esaurire tutti i punti del globo. È perfettamente naturale che se la distribuzione delle capitali sul globo sia caotica, nessun punto può essere centrale rispetto a esse. Tuttavia, se la fondazione delle capitali ha avuto luogo in accordo con la nostra ricostruzione, ci deve essere un punto centrale. Dove sarà? Nella Roma Italiana come sarebbe naturale per la versione scaligeriana della storia? Istanbul nell’Impero Bizantino, che sarebbe il precedente conquistatore dell’Eurasia? O sarebbe nella Russia di Vladimir e Suzdal, come suggerisce la nostra ricostruzione?

La risposta ha richiesto l’utilizzo di alcuni semplici, anche se voluminosi, calcoli. Il lavoro è stato fatto da A. Y. Ryabtsev.

La risposta è la seguente. In effetti c’è un punto centrale che può essere considerato il centro delle due circonferenze sulle quali troviamo quasi tutte le capitali elencate sopra. Questo punto è la città di Vladimir in Russia. Questo può anche spiegare il suo nome piuttosto sonoro, che si traduce come “Sovrana del Mondo”?

Il lavoro è stato realizzato da A. Y. Ryabtsev, un cartografo professionista di Mosca. Dobbiamo anche ringraziarlo per averci segnalato questo effetto piuttosto strano, che si manifesta nella disposizione delle capitali Europee. Ryabtsev vi si è imbattuto nel corso della sua attività professionale, che non ha nulla a che vedere con la storia antica.

Consideriamo ora i risultati effettivi più nel dettaglio. Nella fig. 14.75 si vede la carta geografica dell’Europa in uno speciale formato che non distorce le distanze tra il punto centrale della carta e gli altri punti presi in considerazione. Vediamo la città di Vladimir al centro della “Circonferenza delle Capitali Europee”, e cioè nel punto assegnatogli dai calcoli. La prima circonferenza è la più impressionante (vedi fig. 14.75). Abbraccia Oslo, Berlino, Praga, Vienna, Bratislava, Belgrado, Sofia, Istanbul e Ankara con grande precisione, avendo vicino Budapest e Copenaghen. La seconda circonferenza non è meno impressionante, ma la maggior parte comprende distanze marittime. Queste sono le città che troviamo nella seconda circonferenza o vicino ad essa: Londra, Parigi, Amsterdam, Brussels, Lussemburgo, Berna, Ginevra, Roma, Atene, Nicosia, Beirut, Damasco, Baghdad e Tehran.

Stoccolma, Helsinki, Varsavia, Tirana, Bucarest, Dublino e Gerusalemme non sono su alcuna di queste circonferenze; Madrid e Kabul potrebbero appartenere alla circonferenza successiva, essendo posizionate alla distanza maggiore da Vladimir.

Costruiamo un istogramma delle frequenze per le distanze tra Vladimir e le succitate capitali, utilizzando l’asse orizzontale per rappresentare la distanza, mentre le linee verticali corrisponderanno alla frequenza statistica di una data distanza. Abbiamo distribuito la scala delle distanze su frammenti di 50 km, e quindi usato tre punti di avanzamento per appianare l’istogramma. Il risultato è rappresentato nella fig. 14.76.


Figura 14.75.
Disposizione centrica delle capitali europee moderne rispetto al centro, la città russa di Vladimir. È palese che la maggior parte delle capitali si trova in prossimità dei due cerchi concentrici. il cui centro si trova nella città di Vladimir. Il raggio dei cerchi è, rispettivamente, di circa 1800 e 2400 km.



Figura 14.76.
Istogramma di frequenza per le distanze tra Vladimir e le capitali dell'Europa e dell'Asia.



Figura 14.77.
Istogramma di frequenza per le distanze tra ciascuna capitale europea o asiatica e tutte le altre capitali.



Figura 14.78.
Istogramma di frequenza per le distanze tra ciascuna capitale europea o asiatica e tutte le altre capitali.

I due picchi evidenti dell’istogramma rendono ovvio il fatto che ci sono due tipiche distanze tra la città di Vladimir e le capitali europee, che equivalgono a circa 1800 e 2000 chilometri. In altre parole la distanza tra la città di Vladimir e una capitale europea a caso, è molto vicina a 1800 o 2400. Ci sono delle eccezioni, ma la tendenza generale è quella descritta.

Potremmo avere una raffigurazione simile sostituendo Vladimir con qualche altro luogo geografico: Roma in Italia o Atene in Grecia per esempio? La risposta è negativa. Nelle figg. 14.77 e 14.78 riportiamo istogrammi analoghi per tutte le succitate capitali, viste come possibili centri; l’istogramma di Mosca è il più simile e si può spiegare con la vicinanza alla città di Vladimir. Tuttavia, in questo caso i picchi sono peggiori rispetto a quelli di Vladimir. Quello di Mosca e peggiore e quello delle altre capitali ancora peggio.

Il risultato al quale siamo giunti dimostra che la disposizione della maggior parte delle capitali europee ed asiatiche, può riflettere un certo ordine antico di costruzione o disposizione concentrica della maggior parte delle capitali europee ed asiatiche intorno a un certo centro, la città russa di Vladimir, il cui nome si traduce come “Sovrana del mondo”. Questa disposizione potrebbe essere casuale; tuttavia, la nostra ricostruzione spiega perfettamente i cerchi concentrici delle capitali. Ripetiamo che ciò potrebbe essere dovuto alla rapida conquista delle nuove terre e alla costruzione dei nuovi insediamenti dei “mongoli” nel XIV secolo. Il centro di questi cerchi era l’area di Vladimir e Suzdal in Russia. È possibile che prima della conquista ci fossero diverse culle di civilizzazione, non paragonabili all’enorme spazio occupato dal gigantesco Impero Euroasiatico, con le sue vie di comunicazione, il governo centralizzato e i regnanti potenti. I cerchi concentrici degli insediamenti più tardi divennero le capitali locali emerse in ogni punto focale del futuro sistema di comunicazione, più o meno a uguali distanze dal centro.

Naturalmente, quanto sopra non è altro che la nostra ricostruzione basata sul suddetto esperimento di calcolo. Tuttavia, il buon senso ci dice che quello che abbiamo scoperto sembra sensato, ed è quindi possibile che la ricostruzione corrisponda alla realtà.

 


19. Il modo in cui la figura di San Giorgio finì sugli stemmi della Russia.

 

Oggi, si suppone normalmente che la figura di San Giorgio, che si trova sugli stemmi e sulle monete russe datate al XII-XIV secolo, rappresenti un certo santo bizantino di nome Giorgio. Tuttavia, secondo la nostra ricostruzione, San Giorgio (conosciuto in Russia come “San Giorgio il Vittorioso)” è lo zar russo, o khan, di nome Georgiy Danilovich, che ha governato ai primi del XIV secolo e ha iniziato la Grande Conquista “Mongola”. È anche conosciuto come Genghis-Khan. In che epoca questa conoscenza si è persa e perché crediamo che San Giorgio sia di origine bizantina? Si scopre che la risposta è già nota agli storici. Successe nel XVIII secolo, sotto Pietro il Grande: prima non era così. Lo storico Vsevolod Karpov, per esempio, riporta che “il cavaliere che combatte il drago, che appare negli stemmi del XIII-XIV secolo... va certamente interpretato... come una rappresentazione dello Zar, o del Gran Principe nei documenti ufficiali dell’epoca” ([253], pag. 66). L’autore si riferisce alla Russia.

Più avanti: “Questo è esattamente lo stesso modo in cui vediamo dipinto Ivan III [come San Giorgio “Il Vittorioso” - Aut.] su uno dei primi artefatti conosciuti, che porta le insegne ufficiali dello stato russo: un sigillo a due facce di ceralacca, sul decreto del 1497. L’iscrizione sul sigillo recita ‘Gran Principe Ivan, Signore di Tutta la Russia per Grazia del Signore’” ( [253] , pag. 65).

Si scopre che il cavaliere armato, che appare sulle monete russe, si presume rappresenti il gran principe stesso nel XV-XVI secolo: “Sotto il Gran Principe Vassily Ivanovich, le monete portano l’immagine del gran principe a cavallo che impugna una spada; Il Gran Principe Ivan Vasilyevich introdusse il costume di ritrarre il cavaliere con una lancia, da cui il nome delle monete: kopeki [kopeiki in russo; un derivato dalla parola “lancia” - “kopyo” - Trad.]” ([253], pag. 66).

È anche per questo che San Giorgio viene spesso dipinto senza barba. Si scopre che lo Zar Ivan IV “Il Terribile” salì al trono molto giovane. Secondo V. Karpov, “è significativo che sui primi kopeki il sovrano rappresentato in questa maniera militare, sia davvero il ragazzo incoronato in quel periodo, che molto più tardi sarebbe stato conosciuto come Ivan il Terribile. Era dipinto senza barba sulle prime monete; fu solo quando Ivan IV raggiunse i 20 anni che al cavaliere sulle monete spuntò la barba.” ([253, pag. 66).

Allora, da quando i principi russi furono raffigurati come San Giorgio il Vittorioso? L’articolo dello storico V. Karpov, dà la seguente risposta alla domanda, che corrisponde perfettamente alla nostra ricostruzione. Scrive quanto segue: “I sigilli del Principe Youri Danilovich sono un sorprendente esempio di questa trasformazione. Ha governato a Novgorod per quattro anni, tra il 1318 e il 1322. Ci sono noti circa una dozzina di suoi sigilli; nella maggior parte dei casi, il santo cavaliere è armato di spada. Tuttavia, il principe deve essere stato un uomo molto vanitoso, poiché introdusse in seguito nuovi sigilli che ritraevano un “cavaliere incoronato” o il principe stesso. È significativo che il retro del sigillo conservasse il suo significato originario” ([253], pag. 65).

In altre parole ci viene detto che il Gran Principe Youri (o Georgiy) Danilovich è la stessa persona di San Giorgio il Vittorioso, che è esattamente quello che sosteniamo. La debole “teoria” circa la supposta vanità di Youri, o Georgiy Danilovich, nasce dal fatto che gli storici hanno dimenticalo il significato originario del simbolismo contenuto nello stemma russo. Quando è stato dimenticato? La risposta è abbastanza nota agli storici: è successi sotto Pietro il Grande: “Non molto tempo dopo, nel XVIII secolo, questa ambiguità venne rimossa dall’interpretazione della figura vittoriosa sul simbolo di stato della Russia. La commissione araldica fondata da Pietro il Grande, dispose che la figura a cavallo sullo stemma rappresentasse San Giorgio il Vittorioso… nell’epoca di Anna Ioannovna, la figura a cavallo con lancia che si vede comunemente sullo stemma russo, divenne comunemente San Giorgio il Vittorioso” ([253], pag. 66).

Qui, c’è una certa contraddizione. I commentatori moderni non riescono a capire che San Giorgio il Vittorioso non è stato un antico santo bizantino, ma piuttosto uno de primi zar o khan russi. Il calendario ecclesiastico si riferisce a lui come il Santo Gran Principe Georgiy Vsevolodovich, che è un duplicato fantasma di Georgiy Danilovich, spostato nel XIII secolo dagli storici romanoviani, che è anche il posto dove hanno spostato la Grande Conquista “Mongola” del XIV secolo. Il ricordo della reale identità di San Giorgio è rimasto vivo in Russia fino al XVII secolo; tuttavia, questo ricordo è cominciato a scomparire dopo l’epoca dei primi Romanov, che lanciarono la loro massiccia campagna per l’obliterazione della storia Russa, a partire dalle più antiche epoche quando era ancora presente il Grande Impero “Mongolo”.

Questo portò alla formazione di una strana contraddizione nell’epoca di Pietro il Grande. Le persone erano confuse circa l’identità della figura disegnata sullo stemma della Russia. Da una parte, tutti lo conoscevano come San Giorgio; dall’altra si supponeva rappresentasse un gran principe russo, e anche questa era conoscenza comune. Dopo la distorsione romanoviana della storia, la combinazione dei due divenne impossibile, e bisognava fare una scelta. Questa fu fatta prontamente: venne fuori il decreto che proclamava che lo stemma della Russia rappresentava un antico santo bizantino, che non aveva alcuna relazione con gli zar russi. Questo è il periodo che confonde i commentatori e le tracce di questa confusione rimangono ancora oggi. Suggeriamo una totale eliminazione del problema con l’identificazione di San Giorgio il Vittorioso con lo Zar Russo Georgiy, conosciuto anche come Youri Danilovich o Genghis-Khan.

Il fatto che i commentatori moderni abbiano avuto un problema reale con l’identità di San Giorgio, viene menzionato esplicitamente da V. Karpov: “Gli specialisti di storia ecclesiastica, come anche i teologi, hanno provato in tutti i modi ‘a gettare un po’ di luce sulle oscure origini della leggenda’ [di San Giorgio il Vittorioso e il drago - Aut. ] , come gli storici e i critici letterari del precedente secolo, A. Kirpichnikov, ci racconta: "Infine trovano una figura che si adatta: Giorgio, Vescovo di Alessandria, messo a morte dai pagani nella seconda metà del IV secolo. Comunque sia, gli storici considerano sospetto questo candidato. Altre versioni sono state suggerite e rifiutate; non è stato mai trovato alcun reale predecessore storico di San Giorgio l'Uccisore del Drago” ([253], pag. 73). La famosa agiografia di San Giorgio non ha alcuna relazione con la leggenda di San Giorgio e il serpente; le indicazioni storiche date in questa agiografia sfuggono alla comprensione ([253], pag. 73).

La nostra ricostruzione rende la situazione più o meno chiara. L’arbitraria distinzione tra San Giorgio il Vittorioso e il Gran Zar o Khan del XIV secolo conosciuto come Georgiy, o Youri Danilovich, portò alla necessità di cercare questo personaggio nell’antica storia di Bisanzio. Tuttavia, fino a oggi non è stato trovato niente. Questo ha creato un “problema scientifico” che non è ancora “risolto”. Comunque sia, la famosa “Leggenda di San Giorgio e il serpente” (o il drago) sostiene che San Giorgio abbia battezzato la misteriosa terra di Lathia: “Giorgio... accompagnato dall’Arcivescovo di Alessandria, così dice la leggenda, ‘battezzò lo Zar, i suoi funzionari, e l’intera popolazione, circa 240.000 persone, in quindici giorni’... Questa leggenda esprime stranamente il ricordo ecclesiastico e popolare di tutti i miracoli realizzati da questo santo e martire, come peraltro il resto della sua biografia in generale” ([253], pag. 72).

Anche la posizione della misteriosa Lathia rimane sconosciuta ai moderni commentatori. Potremmo dar loro un paio di suggerimenti. Bisogna ricordare la comune flessione tra R e L: i due suoni sono spesso confusi tra loro; i bambini spesso sostituiscono la R con la L, trovando più facile pronunciarla. In alcune lingue la L è del tutto assente e viene comunemente sostituita, in Giappone per esempio.

La misteriosa Lathia si identifica facilmente con la Russia. La storia russa contiene un parallelismo tra l’epoca di Vladimir Krasnoye Solnyshko (soprannome che si traduce con “Il Sole Rosso”), che battezzò la Russia nel presunto X secolo d.C. e quella di Youri, o Georgiy Danilovich, noto come Genghis-Khan, vedi sopra, nel XIV secolo. Non stiamo dicendo assolutamente che la Russia sia stata battezzata ai primi del XIV secolo. Secondo i nostri risultati, il primo battesimo della Russia è da accreditare ad Andronico, ossia Cristo e risale alla fine del XII secolo, vedi il nostro libro intitolato “Il Re degli Slavi”. Quindi, abbiamo scoperto che l’intero Grande Impero “Mongolo” fu battezzato una seconda volta da Dmitriy Donskoi alla fine del XIV secolo, dopo la Battaglia di Kulikovo, vedi “Il Battesimo della Russia”. Comunque sia, le rispettive biografie di Genghis-Khan, o Youri, ovvero Georgiy Danilovich, e Vladimir Krasnoye Solnyshko, senza dubbio contengono un parallelismo, vedi sopra. Questo può aver portato al riflesso del Battesimo della Russia nella leggenda di Giorgio e il Drago. Un’analisi più dettagliata del culto medievale comune di San Giorgio, si trova in Cronologia5.